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Genova, un episodio di razzismo che induce a riflettere

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Ieri mattina ho assistito, fra i carrugi del centro di Genova, a un episodio sconcertante, che dimostra come xenofobia e razzismo si diffondano ormai in tutta Italia – e quindi anche in una città tradizionalmente tollerante come Genova – sospinti da una parte sempre più consistente del mondo politico e di quello dell’informazione, che hanno scelto migranti, profughi e rom quali capri espiatori dei veri mali che affliggono l’Italia: inadeguatezza delle istituzioni, corruzione, mafia. Passando, verso mezzogiorno, nei pressi di Vico delle Virtù, mi sono trovato di fronte a una scena che ricordava gli anni della segregazione razziale nel sud degli Stati Uniti e non certo l’Unione europea di oggi, che si è data una civilissima Carta dei diritti fondamentali.

Un gruppo composto da quattro o cinque italiani si era fermato a pochi metri da alcuni cassonetti , dove un giovane di origine africana stava depositando un sacchetto di rifiuti. “Ehi tu,” gli gridava minacciosamente un omone dal gruppetto, “che cosa stai facendo? So come fate voi, che sporcate dappertutto…”. Il giovane lo guardava sbalordito e umiliato da quella strigliata in pubblico, davanti ai passanti, mentre gli amici dell’energumeno ridacchiavano di fronte a quel triste spettacolo. “E adesso chiudi bene il cassonetto, che siete sempre voi a lasciarli aperti”.

A quel punto intervenivo. Dicevo all’uomo che il suo intervento non aveva alcun senso, perché il giovane non stava facendo nulla di sbagliato; poi mi avvicinavo al ragazzo, che si era fermato con il sacchetto in mano, come paralizzato di fronte a chi lo accusava con tanta brutalità, e gli dicevo: “Ti chiedo scusa per lui”. Il giovane, confortato dal mio intervento, collocava finalmente il sacchetto nel contenitore e si allontanava, visibilmente turbato, ma sollevato. Sicuramente aveva temuto che quel prepotente passasse dalle parole ai fatti. Sorpreso dal mio intervento, l’uomo restava senza parole per qualche istante, mentre dai visi dei suoi compagni si cancellavano i sorrisi di scherno.

Mentre mi allontanavo, però, sentivo la sua voce inseguirmi, con lo stesso tono irascibile di prima: “Vai dritto! Vi prenderei tutti a cazzotti!”. Quindi la sua voce sgradevole sfumava, coperta dai suoni caratteristici dei vicoli. Restava, però, la sensazione di un disagio che percorre il nostro paese da troppo tempo, senza produrre quella solidarietà che sarebbe fondamentale per uscire da una crisi apparentemente senza fine, ma creando, al contrario, odio e intolleranza. Divisioni e paure che somigliano drammaticamente ai sentimenti che attraversavano l’Europa nella prima metà del secolo scorso, mentre si preparava un’epoca senza luce.


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