Ancora non si era spenta l’eco delle melodie pucciniane di Tosca, impersonata da una splendida Dessì,più volte applaudita a scena aperta, che ha inaugurato la stagione del Festival Puccini, melodie volate via sul lago che ogni giorno Puccini guardava affacciandosi sulla porta di casa, che è arrivata,sabato, Turandot, una favola tragica, se così si può dire, disseminata di principi morti per volere della bellissima e solitaria principessa. luglio, clima permettendo. Turandot è un’opera “incompiuta” perché il Maestro morì nel novembre del 1924, colpito da un tumore alla gola. Lasciò 23 foglietti di appunti sul possibile finale. Si cimentarono nella ricostruzione il compositore napoletano, Franco Alfano, che scrisse due finali e il maestro Luciano Berio nel 2001. Ma il vero finale è proprio quello che non c’è. Resta il mistero su ciò che Puccini pensava per la sua Turandot, del resto anche la stesura del libretto da parte di Giuseppe Adami e Renato Simoni non era stata delle più facili. Libretto che si basa sulla traduzione di Andrea Maffei dell’adattamento tedesco di Friedrich Schiller da una commedia di Carlo Gozzi. Nel marzo del 1920 aveva incontrato i due librettisti e nell’agosto dello stesso anno il compositore ascoltò un carillon con pagine di musica provenienti dalla Cina, che risuonano anche nella partitura definitiva.
Toscanini: “ Qui termina la rappresentazione, perché a questo punto il Maestro è morto”
Un lavoro, insomma, complesso tenendo conto che Puccini era molto esigente con i suoi librettisti. La prima rappresentazione è quella che conta. Ebbe luogo alla Scala di Milano, il 25 aprile 1926, e la diresse Arturo Toscanini. A metà del terzo atto, depone la bacchetta, due battute dopo il verso “Liù, poesia”. Silenzio assoluto, il pubblico ascolta le parole del grande direttore. Commosso, una sola, rapida frase: “Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto”. Termina “l’incompiuta” e inizia uno straordinario viaggio nei teatri di tutto il mondo. Un successo che non avrà mai fine. Tre atti, cinque scene, alla fine del suo percorso creativo Puccini torna alle origini, musicando un soggetto fiabesco come aveva fatto con la scena finale della sua prima opera “Le Villi”. Turandot è una favola senza tempo, o meglio “al tempo delle favole”, l’ambiente è la Cina dove, si legge nel libretto, viveva una bellissima e solitaria principessa (Turandot), ossessionata dalla vicenda di una antenata violentata e uccisa, provava orrore per gli uomini. Ma il popolo di Pechino e l’Imperatore suo padre (Altoum) esigono che si sposi. Turandot alla fine accetta ma dice che andrà sposa solamente al giovane nobile che scioglierà tre enigmi da lei proposti: se fallirà, però, morirà. E l’opera si apre con l’ennesima testa che cade, quella del giovane Principe di Persia. Tra la folla è presente in incognito, Calaf, principe tartaro spodestato, che non riesce a resistere alla bellezza di Turandot e decide di provare a risolvere gli enigmi. Riconosce il vecchio padre (Timur) e la fedele schiava Liù (da tempo segretamente innamorata di Calaf) che tentano inutilmente di fargli cambiare idea. Calaf si ritrova faccia a faccia con la “bella di ghiaccio” e riesce a risolvere tutti e tre gli enigmi. Ma Turandot non intende mantenere la promessa. Il giovane principe, sempre in incognito, le propone un enigma: se prima dell’alba la principessa riuscirà a scoprire il suo nome, egli morirà. Altrimenti diventerà il suo sposo. Turandot, riesce a rintracciare Timur e Liù, ma entrambi taceranno. Liù sentendo di non poter resistere alle torture a cui la stanno sottoponendo, si suicida.
Da principessa di ghiaccio a donna innamorata
Alla fine sarà lo stesso Calaf a rivelare alla principessa il proprio nome, ma solo dopo essere riuscito a darle un bacio appassionato ricambiato da Turandot. Con Calaf davanti all’imperatore suo padre ed al popolo annuncerà trionfante di aver finalmente scoperto il nome dello straniero: il suo nome è “Amor”. Importante nell’economia dell’opera l’uso delle maschere. Il punto più discusso del materiale lasciato da Puccini riguarda l’episodio del bacio, il clou dell’intera opera, la trasformazione della principessa di gelo a donna innamorata. C’è chi pensa che il finale potesse essere un altro. Ma la Turandot che il pubblico ama è questa, bella e “incompiuta”. Protagonisti tutti di grande livello. La Principessa Turandot Giovanna Casolla che ne ha fatto uno dei suoi maggiori successi, il Principe Ignoto (Calaf) Rudy Park, Rubens Pelizzari (nelle rappresentazioni del 7, 16/8), Liù Alida Berti, Valentina Boi (16, 23/8), l’imperatore Altoum Marco Voleri, Timur Luigi Roni, Ping Niccolò Ayroldi, Pang Gregory Bonfatti, Nicola Pamio (16, 23/8),un Mandarino Claudio Ottino, prima ancella Francesca Borrelli, seconda Ancella Sofia Nagast,Principe di Persia Roberto Ferraro. Dirigerà l’orchestra Bruno Nicoli, regia, scene e costumi di Angelo Bertini, Light Designer Valerio Alfieri ,Assistente alla regia Luca Ramacciotti. Orchestra e coro del Festival Puccini, Maestro del Coro Stefano Visconti, Coro delle voci bianche del Festival Puccini, Maestro del Coro voci bianche Sara Matteucci.
“Nessun dorma” e alcune fra le arie più famose
Infine alcune arie fra le più famose: e in un lontano giorno io t’ho sorriso… (romanza di Calaf); Olà Pang! Olà Pong! Poiché il funesto gong desta la reggia e desta la città… (terzetto delle maschere). In questa reggia, or son mill’anni e mille, un grido disperato risonò… (aria di Turandot). Straniero, ascolta! Nella cupa notte vola un fantasma iridescente… (scena degli enigmi). Nessun dorma, Nessun dorma! Tu pure, o principessa, nella tua fredda stanza… (romanza di Calaf).Tanto amore, segreto, inconfessato, grande così che questi strazi son dolcezze per me…Tu, che di gel sei cinta, da tanta fiamma vinta, l’amerai anche tu!… (aria di Liù).Principessa di morte! Principessa di gelo! Dal tuo tragico cielo scendi giù sulla terra!…