Ecco le cifre che dimostrano come il Parlamento smentisce il suo stesso impegno a dimezzare il budget per i cacciabombardieri.
Per capire a che punto sia esattamente il programma F-35 bisognerebbe poter accedere ai numeri, ben più eloquenti di qualsiasi annuncio. Servirebbero tabelle dettagliate relative agli investimenti e ai lotti d’acquisto. Servirebbe, insomma, capire con esattezza quanti soldi si intendano impiegare e a che cosa vengano destinati. Ma queste indicazioni sono in gran parte inaccessibili.
«A partire dall’ultima legge di stabilità sono sparite le tabelle di dettaglio relative al programma», denuncia Francesco Vignarca, coordinatore Rete Italiana Disarmo. «E nel Documento di Programmazione Pluriennale (Dpp) troviamo solo le indicazioni per l’anno in corso. Nulla sappiamo circa le proiezioni per il prossimo biennio».
Il segreto militare non c’entra: altri Paesi (a cominciare dagli Stati Uniti) sono su questi aspetti ben più trasparenti. «Sembra piuttosto che la reticenza sia dovuta a una sorta di paura. Il programma degli F-35 incontra forti resistenze in un’ampia porzione di elettorato: se il Governo vuole portarlo avanti comunque, che almeno lo dica chiaramente».
Per quanto scarni, i dati disponibili consentono comunque qualche riflessione. Nel 2015 per il programma Joint Strike Fighter (il più costoso della storia) l’Italia spenderà 582,7 milioni di Euro, 220 in più rispetto al 2014 (con un considerevole aumento del 62%), ma 60 in meno rispetto a quanto stimato dal precedente documento (la flessione è del 10%). «Questo però», mette in guardia Vignarca, «non ci autorizza a parlare di vera riduzione. Gli stanziamenti per il singolo anno sono passibili di modifiche, anche a seconda delle risorse disponibili. Ciò che conta è il budget complessivo, la cui previsione, per il solo acquisto dei velivoli, resta invariata a 10 miliardi. Se davvero si volesse incidere sul programma, quello sarebbe il primo elemento da mettere in discussione».
Ma il Dpp preoccupa gli analisti anche per altri aspetti: compaiono infatti 360 milioni «dei quali finora non avevamo notizia», che verranno stanziati nei prossimi anni e che serviranno a realizzare l’impianto di manutenzione degli aerei presso lo stabilimento di Cameri (Novara). Questi nuovi fondi si aggiungono agli 860 milioni già spesi per l’impianto di assemblaggio, anch’esso con sede a Cameri, dal quale pochi mesi fa è uscito il primo F-35 “made in Italy”.
Dai calcoli della Rete Disarmo emerge che, per le sole fasi preliminari e per la costruzione degli impianti industriali, il costo del programma per l’Italia è di circa 3,5 miliardi di euro (in gran parte già spesi tra il 2003 e oggi). Per quanto invece riguarda l’acquisto dei caccia, finora sono stati spesi circa 900 milioni, ma, come già osservato, le stime parlano di 10 miliardi complessivi.