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Eurozona. Il NO della Grecia decreta il funerale della socialdemocrazia europea

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I Greci hanno detto No al piano capestro proposto dal FMI della Christine Lagarde (ex-ministro conservatore francese all’economia di Sarkozy, al quale scriveva imbarazzanti lettere di sottomissione), dal presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Junker (ex-primo ministro conservatore del Lussemburgo, ideatore di un sofisticato sistema di elusione-evasione da “paradiso fiscale” per 300 grandi aziende multinazionali, scandalo “LuxLeaks) e da Angela Merkel (cancelliere democristiana, a capo di un governo di “grosse koalition” con i socialdemocratici dell’SPD di Sigmar Gabriel). Un piano ideato dal “governo ombra” della finanza internazionale, dal conglomerato di banche d’affari che anni fa si erano esposte e poi, una volta risarcite, hanno passato la patata bollente ai governi europei, indebitandoli con i treasury bonds, pagati dai contribuenti incolpevoli del vecchio continente.

La Grecia ha detto NO a un’idea di Unione Europea a trazione tedesca, con la ruota di scorta della Francia del socialista François Hollande, che non sta scritta né sui Trattati né sulle postille dei Regolamenti della Commissione, tantomeno sulle Raccomandazioni dell’Europarlamento.

I Greci si sono espressi per restare nell’Euro e nell’Eurozona, contro tutti gli avvoltoi di destra e di sinistra, specie nel Nord Europa e in quella dell’Est, dove la maggioranza della popolazione neppure si è espressa alle ultime elezioni europee del 2014 (hanno votato 170 milioni su 400, il 43%, raggiunto grazie ai “terroni”, ai paesi indebitati del Sud).

Soprattutto, hanno lanciato un messaggio forte e chiaro ai partiti socialdemocratici, da tempo in forte calo o comunque incapaci di esprimere una linea politica alternativa a quella dei conservatori neoliberisti, anche perché da quasi 20 anni ne hanno abbracciato la filosofia monetarista e di finanziarizzazione dell’economia reale.

Non a caso sono stati propri gli esponenti di spicco dei partiti socialisti/socialdemocratici (Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Spagna) e il loro rappresentante più autorevole, il presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz, a condannare Tsipras e Varoufakis sull’altare mediatico come “anti-europeisti e incompetenti”, abbracciando senza se e senza ma la linea Merkel. Renzi compreso, il quale ora, insieme a Hollande, cerca di districarsi in questo vespaio politico-ideologico. Mai si era visto un accanimento così virulento dentro la “famiglia variopinta” della sinistra. Neppure ai tempi dell’“Eurocomunismo” di Berlinguer-Carrillo-Marchais o durante gli anni tesi del duello a distanza tra il socialista Craxi e il comunista Berlinguer!

Ma lo schiaffo in faccia a Tsipras e Varoufakis, la lezione dura da impartire anche agli altri “riottosi” movimenti della sinistra euroscettica non hanno funzionato. Il messaggio ultimativo è stato rinviato ai mittenti eurocrati dell’austerità finanziaria.

Inizia ora una attraversata nell’inconosciuto” della Nuova sinistra, dopo il Referendum greco, la vera novità del panorama politico continentale. Le recenti elezioni amministrative in Spagna hanno portato alla vittoria Podemos e Ciudadanos, ovvero le raffigurazioni partitiche del movimento degli Indignados, che hanno conquistato le due “capitali”, Madrid e Barcellona, segnando la sconfitta dei popolari-democristiani di Rajoy e il tramonto dei socialisti del PSOE. Anche in alcune elezioni regionali tedesche, oltre all’affermazione degli “euroscettici” della destra nazionalista, si è avuta la crescita della sinistra della Linke e il conseguente crollo dei socialdemocratici dell’SPD, alleati della CDU-CSU di Merkel e Schauble, anche loro in netto calo. In Gran Bretagna, grazie all’assurdo sistema elettorale, il partito della destra euroscettica e xenofoba di Farage, l’UKIP, altro vincitore delle politiche, non ha riportato che una minuta rappresentanza alla Camera dei Comuni; mentre il conservatore Cameron, proprio grazie alla sua campagna anti-europeista ha riconquistato la maggioranza, a scapito dei New Labour di Ed Miliband, ormai sempre più compromessi con la linea politica liberista impressa a suo tempo da Tony Blair.

I problemi si porranno adesso per i social-riformisti francesi, il PS, e italiani, il PD, entrambi al governo con una politica di austerità, di riforme impopolari, aumento delle tasse e scarsa incisività nel contrastare disoccupazione, deflazione, depressione economica e declino industriale. Soprattutto mediaticamente, e non solo, succubi della linea euro-tecnocrate e iperliberista della Merkel. Alla loro sinistra si vanno aggregando movimenti sparsi di “New Left”, non ancora strutturati, che per ora si sono espressi specie in Italia nell’astensionismo, soprattutto nelle regioni e nelle zone un tempo definite “rosse”. L’euroscetticismo italiano e francese (tranne il FN della Le Pen e la Lega Nord di Salvini) ha comunque connotati molto simili a quello di Syriza ellenico.

In autunno voteranno in Portogallo e in Spagna e anche per questa ragione la vecchia socialdemocrazia europea, tecnocrate, impaludata e soggiogata dall’ideologia iperliberista, ha scelto l’occasione del braccio di ferro tra la Grecia dell’eretico Tsipras per sferrare un attacco disperato per la propria sopravvivenza.

Toccherà ai nuovi leader, già espressi o ancora in itinere, giovani e meno giovani (vedere l’esempio spagnolo!) riuscire ad unire anche forze tradizionalmente non di sinistra, ma progressiste, settori della media borghesia produttiva, i ceti intellettuali e artigiani, la media-piccola imprenditoria e il vasto popolo dei giovani “internettiani” senza lavoro o che non lo cercano o che lo subiscono come una lunga gavetta mortificante. Basta non ricorrere alle antiche ricette del comunismo d’antan, del socialismo blairiano e tedesco, ma aprendosi alle nuove idee che vengono proprio dal Sud dell’Europa.

E perché no! Magari anche dopo un’attenta lettura dell’ultima enciclica di Papa Francesco “Laudato si…”, per “cambiare il modello di sviluppo sostenibile e integrale, per proteggere la casa comune”, dopo che i popoli “hanno pagato il prezzo del salvataggio delle banche”, a causa di un “mercato che crea un meccanismo consumistico compulsivo per piazzare i suoi prodotti”. Perché serve “hic et nunc” un cambiamento dello “stile di vita”.

E’ appena iniziata per noi europei, eredi dell’Ellade di Socrate, Platone e Aristotele, una traversata nel mare procelloso, pieno di insidie e di sirene, per arrivare alla nostra Itaca come moderni Ulisse, dopo l’assurda e fratricida guerra di Troia.


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