Sono passati due anni da quando Padre Paolo Dall’Oglio, gesuita, è stato sequestrato in Siria. Da allora un inquietante e doloroso silenzio circonda la sua sorte. Di tanto in tanto inattendibili fonti annunciano la sua morte o la sua detenzione in una delle tante prigioni dove le milizie jihadiste nascondono gli ostaggi. Nei giorni scorsi i familiari di Padre Paolo hanno rivolto un appello ad illuminare la vicenda del fratello, a rompere il muro del silenzio e dell’oscurità.
Questo appello ha incontrato subito la sensibilità del Pontefice che, durante l’Angelus domenicale, ha voluto richiamare l’attenzione mondiale su Padre Paolo, sugli altri religiosi sequestrati, sulle persone scomparse e sulla tragedia siriana. Del resto Paolo ha rappresentato e rappresenta una voce di pace, un costruttore di ponti, impegnato da oltre trenta anni nella ricerca del dialogo tra cattolici e mondo islamico. A questo progetto ha dedicato la ricostruzione dell’antico monastero di Mar Musa,in Siria, luogo di dialogo e di pace, circondato dai signori della guerra e del terrore.
Per queste ragioni è inviso non solo ai miliziani, ma anche ad Assad che non ha mai apprezzato questo religioso troppo attento alle ragioni del dialogo e del rispetto dei diritti umani e civili, infatti è stato espulso dalla Siria nel 2012. Decise di rientrare perché quello era ed é il suo mondo, il suo popolo con il quale condivide speranze e sofferenze. Il sequestro, probabilmente ad opera di una delle tante bande jihadiste, fu portato a compimento il 29 luglio del 2013. Le Autoritá diplomatiche italiane ed il ministro Paolo Gentiloni non hanno mai smesso di lavorare per riportarl a casa, ovviamente lavorano con la discrezione e con il riserbo dovuto ad una storia così complessa e difficile.
Le parole di Francesco, non potranno che rafforzare la speranza di chi non ha mai voluto rassegnarsi e forse meritano da parte di ciascuno di noi, una partecipazione attiva e solidale. Il 29 luglio,per esempio, potremmo ricordarlo tutti insieme pubblicando non solo una sua immagine, ma anche l’appello plurilingue predisposto dai familiari. Gli edifici pubblici e privati, i palazzi dei comuni, delle istituzioni, delle Chiese, potrebbero esporre una grande foto di Paolo, così come si é fatto in tante altre occasioni. Non sarà questo a far liberare padre Dall’Oglio, ma almeno sarà un gesto di affetto, una risposta civile all’appello dei familiari, un modo per sottoscrivere collettivamente l’appello di Francesco.
Da parte nostra, come Articolo 21, grazie alla sensibilità del direttore Stefano Corradino e dei suoi collaboratori, abbiamo deciso di dedicare la giornata del 29 a Padre Paolo, di pubblicare le sue foto, di chiedere una testimonianza ai suoi amici e a coloro che lo hanno incontrato e di pubblicare in apertura l’appello che sarà lanciato dai suoi familiari. Ci auguriamo che tanti altri siti, a cominciare da quelli che stanno collaborando con noi per realizzare il progetto “Illuminare le periferie del mondo”, vogliano trovare il modo di ricordare Padre Paolo, gli altri sequestrati (senza dimenticare i 4 lavoratori scomparsi in Libia) e quanti continuano a vivere e a morire nella tragedia siriana.