Continua in Sicilia la commedia degli equivoci, come l’ha bene definita l’editorialista de La Stampa, Francesco La Licata, uno che si intende bene di cose siciliane, della sicilitudine di sciasciana memoria. Crocetta rompe il silenzio e parla, un po’ isterico addirittura insinua che sa poco Manfredi Borsellino di sua sorella Lucia, come assessore alla Salute del suo governo. E’ certo su una cosa, la croce che Manfredi ha visto portata addosso dalla sorella, è la stessa che lui presidente della Regione ha anche portato sulle sue spalle. Ora per dirla senza tanti giri di parole, le affermazioni di Rosario Crocetta non ci convincono. Ma non c’entra nulla l’intercettazione pubblicata da L’Espresso, tra smentite e conferme ancora non è il momento di collocare quelle frasi dentro la storia della nostra martoriata Regione. Ci sono semmai altre cose che sono già storia. E ne citiamo alcune.
Abbiamo tra le mani una pagina del quotidiano La Sicilia dello scorso 2 marzo. E’ un articolo di Mario Barresi, il titolo è inequivocabile, “La solitudine di Lucia. Prepara l’addio”. Il giornalista, lo stesso che l’1 luglio ha anticipato ciò che qualche giorno dopo è stato pubblicato da L’Espresso – l’intercettazione Tutino/Crocetta non ascoltata da Crocetta e smentita dallo stesso Tutino da casa sua dove si trova agli arresti domiciliari – ha fornito una cronaca precisa di quello che in quei giorni accadeva all’assessorato alla Salute. Quelli erano i giorni in cui Crocetta era alle prese con l’ennesimo rimpasto, un paio di assessori che si erano dimessi, la necessità di sostituirli con nuovi, e poi la direzione regionale del Pd che ha fatto i conti con un presidente irremovibile. Su tante cose il governatore Crocetta non ci ha convinto, a cominciare da quella stagione di annuncio di riforme mai definite, Province, Iacp, consorzi industriali, per fare alcuni esempi.
La rivoluzione culturale cominciata con Franco Battiato poi di fatto licenziato da Crocetta. Crocetta unico responsabile? Assolutamente no, ha anche colpa quella parte di Parlamento che alla fine ha risolto ogni cosa con il solito giro di poltrone, che ha visto deputati del centrodestra abbandonare il leader dell’opposizione Musumeci per passare con il maggiore partito di governo, il Pd. Ecco chiamiamo le cose con il giusto nome, il Pd per esempio. Un partito che non può pensare di governare mettendo assieme anime pesantemente opposte e far finta di nulla. Non sappiamo se per calcolo o intuendo che nulla accadrà, il presidente Crocetta ieri nella sua intervista ha detto che tocca al Parlamento decidere. Certamente l’affermazione è giusta, un governo case se sfiduciato in Parlamento, non può cadere per le decisioni di un qualsiasi parlamentino politico. Il problema è un altro. E’ che è difficile trovare un briciolo di fiducia nei confronti di un Parlamento per molte parti compromesso con lo scenario diabolicamente avvolgente di questi giorni. Ecco la vera sfiducia la si dovrebbe votare nei confronti del Parlamento prima ancora che nei confronti del Governo Crocetta. Ma torniamo alla querelle di questi giorni perchè rischiamo di scrivere sul nulla: un dibattito sulla sfiducia al Governo Crocetta potrò esserci se qualcuno presenterà una mozione di sfiducia, e di questo non c’è certezza. Non c’è nulla di nuovo, nihil sub sole novi, non c’è nulla di nuovo sotto il sole.
Non c’è stata celebrazione in questi 23 anni sfuggita alla polemica, l’anno scorso l’abbraccio tra Salvatiore Borsellino e Massimo Ciancimino, l’anno prima ancora l’intervento del procuratore Scarpinato sugli impresentabili sempre in prima fila alle commemorazioni, e gli esempi potrebbero continuare sino ad arrivare al primo anniversario del 1993. Perchè in Sicilia in questi 23 anni lo scandalo è sempre stato quello dell’antimafia, l’antimafia dei magistrati e l’antimafia sociale. E bisogna dire che Crocetta una mano d’aiuto l’ha data. E c’è stato qualcuno che questa cosa al momento giusto glielo ha sempre ricordato. Un paio di anni addietro il segretario provinciale del Pd di Palermo, Carmelo Miceli, chiese pubblicamente conto al presidente Crocetta di come si stava comportando a proposito di una serie di tagli di contributi a favore dell’associazione antimafia, non si possono mettere le lapidi e corone di fiori e poi fare tutt’altro che aiutare l’antimafia.
Passarono i mesi e ancora una nuova polemica. Crocetta contro il sottosegretario Davide Faraone, il primo accusava il secondo di avere stigmatizzato il continuo ricorso alle denunce, “non vogliono che faccio più denunce” disse Crocetta. Toccò ancora al segretario palermitano Miceli mettere le cose apposto, quando abbiamo parlato di “finta antimafia” parlavamo di quella antimafia incentrata sulla denuncia seriale usata ad arte per il raggiungimento di interessi privati. E a ben vedere, con lo scoppio del caso Helg qualche giorno dopo, il tema è stato premonitore.A fronte di tutto questo, però, in Sicilia non si è ancora provveduto ad una riforma della Commissione parlamentare Antimafia per farne un vero organismo di inchiesta e vigilanza mentre, invece, nell’ultimo triennio la regione ha proceduto ad una progressiva riduzione dei fondi stanziati per vittime e associazioni antimafia”. Quelli erano anche come oggi giorni pesanti, durante i quali, evidenzia la stessa odierna indagine sul chirurgo Tutino, un manager della Sanità messo da parte dall’assessore Borsellino, stava per tornare in auge. Crocetta sostiene di avere stoppato quella nomina, ma ci si chiede oggi perchè quella cosa è rimasta secretata, era la migliore occasione per denunciare come si voleva accerchiare l’assessore Borsellino.
Ma la “corte” del Governatore ha preferito nascondere ogni cosa, se non confermarla oggi. Insomma quella intercettazione terribile sulla fine da far fare a Lucia Borsellino non serviva certo per avere conferma di certi mal di pancia dentro al Governo Crocetta. Criocetta una cosa vera ieri l’ha detta, lo scontro è sul milione di euro da tagliare alla Sanità. Sarebbe stato interessante saperlo prima delle rivelazioni giornalistiche. Non serviva quella intercettazione scoperta dal collega Piero Messina perchè stranamente è sfuggito ai più un preciso passaggio di questi giorni e cioè che le dimissioni dell’assessore Borsellino sono arrivate dopo una sua “visita” negli uffici della Procura di Palermo. Difficile pensare che si possa essere trattato di una visita di cortesia. E diventa drammatica la cronaca di questi giorni perchè davvero sembra far rivivere il dramma di Paolo Borsellino. Lui che si getta sul divano in preda allo sconforto dopo avere scoperto che un amico lo aveva tradito. Poi la bomba di via D’Amelio. Lucia Borsellino forse andando in Procura ha scoperto di essere stata tradita, e poi giorni dopo sui giornali esce la pesante dichiarazione minacciosa nei suoi confronti, “deve fare la fine di suo padre”.
Non è forse vero che come ha ben detto Manfredi Borsellino la politica siciliana aveva deciso di archiviare senza tante discussioni le dimissioni di Lucia Borsellino? Probabilmente come da mesi a Palermo girava la “chiacchiera” sulla intercettazione poi pubblicata da L’Espresso, a Palermo la politica per tempo ha ben saputo che non era per nessuno comodo parlare di quelle dimissioni, conoscendone i risvolti compromettenti, intercettazione Tutino a parte. L’indagine sul medico Tutino non è finita, quando sarà conclusa certamente di conosceranno nuove cose, speriamo di non dovere attendere la fine dell’inchiesta per sapere se quelle parole Tutino le abbia dette o meno, questo riguarda la credibilità dell’informazione che non deve perdere tempo per dimostrare la fondatezza di ciò che si è scritto. E a proposito di informazione, devo dirvi che mi ha fatto impressione l’applauso del ministro Alfano dopo l’intervento di Manfredi Borsellino, non vorrei sbagliarmi ma Angelino Alfano non è lo stesso ministro del Governo Berlusconi che applaudiva a Berlusconi quando parlava di magistrati e indagini, Berlusconi non è lo stesso che definì eroe il mafioso Vittorio Mangano, e Alfano era suo uomo di fiducia?
Mi direte, pensando ad una provocazione politica , ma oggi Alfano non sta con Renzi? Si è vero sta con Renzi, col suo partito, l’Ncd, nella maggioranza che sostiene il Governo. E questa è una delle ragioni che non mi fanno credere profondamente all’altra rivoluzione copernicana annunciata anche a Roma come a Palermo. Per finire. Il presidente Crocetta si mette l’elmetto e va sulla barricata, dice sono un combattente, lo siamo anche noi e da tempo. Il presidente Crocetta chiede conto e ragione ai giornalisti di quello che hanno scritto, ne ha diritto. Noi oggi abbiamo diritto di conoscere nome e cognome di chi fa parte del complotto contro il primo governo antimafia della Regione Sicilia. Il primo governo antimafia che come gli altri governi della Sicilia è stato dichiarato irricevibile dai familiari delle vittime di via D’Amelio. Non vorremmo dover immaginare che anche loro fanno parte del complotto, col presidente della Repubblica venuto ad abbracciare Manfredi e i suoi familiari. Presto presidente ci dica i nomi del complotto!