Ungheria, il muro di Orban contro i migranti

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“Su una spalla del povero c’è il mondo”. Attila József, il più amato dei poeta ungheresi moderni con le sue parole nobilita una terra in cui la solidarietà, in questo momento è oscurata. Nell’Ungheria di Viktor Orban, nessun migrante è stato e verrà accolto malgrado la recente intesa raggiunta a Bruxelles sulla ripartizione dei profughi tra i singoli paesi. E per rafforzare l’atteggiamento ostile e brutale negli ultimi giorni a un treno intercity partito da Pecs e diretto verso Budapest, è stato aggiunto un vagone pieno uomini, donne e bambini, per lo più siriani e afgani, al quale I ferrovieri hanno affisso un cartello al finestrino: “Questo vagone viaggia con le porte chiuse”.

Il carico di umanità blindato, ammassato e imprigionato sulle rotaie, ha ricordato i vagoni su cui gli ebrei d’Ungheria venivano deportati dai nazisti e scosso i media, le associazioni in difesa dei diritti umani e molta parte del popolo che ha fortemente criticato le decisioni del governo, non ultima l’idea di costruire un muro al confine con la Serbia per impedire l’accesso agli immigrati.

Le immagini di quei corpi negano la memoria, la fratellanza, il desiderio/diritto di vivere  di ogni uomo, ma la crudeltà e l’orrore non possono arrestare la speranza:

Brilla e risplende,
nella mia anima avida del mondo,
la liberazione dell’uomo (József)


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