Il popolo greco in questi giorni è stato trattato come quattro anni fa fu trattato quello italiano. Con larga maggioranza gli ellenici hanno detto no alle misure finanziarie che ora gli sono state imposte in modo ancora più restrittivo, in cambio di un ennesimo “prestito ponte”. L’Italia invece aveva detto no alla privatizzazione dell’acqua, eppure neanche un mese dopo i vertici della BCE sollecitarono al governo Berlusconi-Tremonti le stesse identiche misure ora imposte alla Grecia: tra queste, al n. 21 della specifica “lettera di chiarimenti”, c’era quella di rendere innocuo proprio l’esito dei due referendum sull’acqua del 12 e 13 giugno 2011: cosa puntualmente avvenuta. È la dimostrazione dello strapotere della finanza e della sua capacità di calpestare diritti e democrazia, spesso cancellando le espressioni più autentiche della medesima come i responsi referendari. Tutto ciò emerge in modo lampante seguendo le vicende di una strana banca tedesca che per motivi fiscali ha spostato la sua residenza in Irlanda: si chiama Depfa Bank (acronimo di Deutsche Pfandenbrief Bank – Banca ipotecaria tedesca) il cui proprietario, in ultima analisi, è il governo tedesco guidato da Angela Merkel.
Il suo sito web ci informa che dal 19 dicembre 2014 è una società controllata al 100% dal FMS-Wertmanagement AÖR. Questa è la sigla del Fondo di stabilizzazione dei mercati finanziari germanici (il SoFFin), gestito a sua volta dall’Agenzia federale per la stabilizzazione dei mercati finanziari (FMSA) con sede a Francoforte, a due passi dalla Banca Centrale Europea di Mario Draghi. Questo Fondo è una di quelle iniziative opache che in gergo finanziario vengono definite “bad bank” (banca cattiva) nelle quali, dopo lo scoppio della crisi finanziaria internazionale, furono confinati e portati all’estinzione tutti i titoli tossici che hanno determinato l’attuale crisi economica. FMS Wertmanagement è stata fondata nel 2010 con lo specifico obiettivo di risolvere le posizioni di rischio del colosso bancario tedesco Hypo Real Estate, ossia la seconda banca tedesca nel settore dei mutui immobiliari: colosso che, giusto due anni prima dello scoppio della crisi, aveva acquistato l’intero pacchetto azionario di Depfa. L’acquisto si era rivelato un disastro e per questo il governo dell’inflessibile Angela Merkel e del “falco” Wolfgang Schäuble intervenne prima per prestare soccorso finanziario a Hypo e poi per nazionalizzare l’intero gruppo.
Pochi lo sanno ma Depfa Bank, aldilà dell’assoluzione ottenuta sulla vicenda dei contratti contenenti prodotti finanziari derivati stipulati con il Comune di Milano insieme ad altri istituti di credito, è una banca molto nota in alcune aree del nostro paese. Ad esempio è quella che ha concesso un prestito di 114,5 milioni di euro ad Acqualatina SpA per realizzare i programmi di investimento relativi alla gestione del servizio idrico integrato nell’ATO 4 della Regione Lazio. Altre operazioni finanziarie le ha compiute con la Provincia di Latina, con SORICAL in Calabria e in Provincia di Pisa: fino a qualche anno fa risultava anche tra i creditori della stessa Regione Lazio. Con il prestito in “project financing” concesso nel 2007 ad Acqualatina (la tecnica finanziaria molto in voga con i governi Berlusconi e alla base della “legge Obiettivo” del 2001), Depfa Bank, e di conseguenza Angela Merkel, detengono tutt’oggi numerosi diritti di pegno (ad esempio sui conti correnti e sui crediti della società idrica) a garanzia del capitale prestato e degli interessi maturati e maturandi fino al 2032, cioè quando scadrà la concessione. In sostanza la banca tedesca di diritto irlandese ha il pegno su oltre 2/3 del capitale sociale di Acqualatina. Ciò significa che in caso di inadempienze finanziarie nella restituzione del mutuo, essa può convocare l’assemblea dei suoi soci e votare quello che vuole, inclusa la scelta di portare i libri contabili in Tribunale.
Il contratto di finanziamento inoltre prevede la stipula di strumenti di copertura contenenti prodotti finanziari derivati: infatti il bilancio di Acqualatina da alcuni anni riporta le spese che deve accollarsi per non meglio precisati “net swaps” (tra 1,5 e 2 milioni l’anno) che vanno a finire nelle bollette fatte pagare agli utenti. Questo vuol dire che non solo è la banca a controllare in ultima istanza la gestione di Acqualatina (non i Sindaci dei Comuni del comprensorio che sono proprietari del 51% delle azioni), ma che nel bilancio del governo tedesco finiscono anche i soldi degli utenti dell’Agro Pontino e delle zone limitrofe. Ma non è finita.
In Irlanda la banca tedesca oggi nazionalizzata ci era finita perché nel frattempo quel paese era divenuto un paradiso fiscale: in particolare per le banche specializzate nella “finanza creativa”. Il suo settore di specializzazione, visto che non aveva e non ha sportelli commerciali direttamente aperti al pubblico, era quello di farsi prestare denaro da altre banche ad un tasso di interesse basso, per poi finanziare enti pubblici perennemente a corto di liquidità. Poiché la Depfa si alimentava proprio di questo flusso, con lo scoppio della crisi del 2008 si trovò a sua volta “in bolletta”: cioè con le casse vuote. Presto si scoprì che i suoi bilanci erano talmente imbottiti di titoli “spazzatura” da far collassare in poco tempo anche quelli dell’impero finanziario che l’aveva appena acquistata (Hypo R.E.). Tutto ciò rischiava di far crollare il castello di economia “cartacea” che ormai da anni governa i destini del pianeta e con esso l’intero sistema internazionale. Così il governo di Angela Merkel alla fine del 2009 nazionalizzò Hypo (e di conseguenza Depfa) con iniezioni di liquidità che oggi ammontano a 7,7 miliardi di euro, mentre altri 124 miliardi sono stati conferiti sotto forma di garanzie. Cifre che fanno impallidire i circa 80 miliardi del “prestito ponte” concesso in extremis al governo di Alexis Tsipras.
Curioso è il fatto che fino al 2009, cioè quando si avviò il percorso di nazionalizzazione, Depfa risultava tra le banche che avevano crediti “deteriorati” e/o fuori bilancio anche con la Grecia. Non era una grande cifra ma a pagina 23 del Rapporto annuale del 2010 troviamo scritto che tutte le esposizioni di questa banca nel paese ellenico e gran parte di quelle in Irlanda, erano state trasferite proprio nel FMS Wertmanagement o rimborsate con le rimanenti esposizioni in altre banche irlandesi. In aggiunta parte delle esposizioni con i governi del Portogallo, dell’Italia e della Spagna, erano stati trattenuti nel portafogli del gruppo Depfa.
Ora si dice che la Grecia abbia truccato i bilanci con i derivati (lo ha fatto anche l’Italia, per la verità) per entrare nella zona Euro: ma coloro che dall’altra parte dovevano controllare attentamente quei bilanci, dove stavano? Probabilmente impegnati a scrivere lettere ai governi sovrani di interi popoli su come annullare i risultati referendari. In fondo il problema sta tutto lì: i referendum sono l’unico strumento in mano ai cittadini con cui gli stessi possono determinare le leggi che li governano. È uno strumento previsto dalla Costituzione e in ultima analisi è il vero grande pericolo per il sistema finanziario mondiale: chi li utilizza per sapere cosa ne pensa il popolo, deve essere eliminato.