“Ho la certezza di essere nato per l’eternità, che la morte non esiste, che tutto è miracolo”. Nelle parole che Eugène Ionesco dedica alla sua opera abita la descrizione perfetta dell’Attore Gassman, mentre il viso nobile dell’Uomo Vittorio, racconta il più umano del perdersi, il viaggio nella poetica della fragilità.
A quindici anni dalla sua scomparsa, pensare a Vittorio Gassman significa per ognuno di noi riscoprire la luna, ritrovare il meraviglioso del teatro, essere colti da un’ineffabile delicata nostalgia per la bellezza della parola e il suo lavoro oggi come ieri dona attraverso la pellicola alla nostra debolezza una parvenza d’immortalità, dal personaggio di “Riso amaro”di Giuseppe De Santis , al ladro balbuziente Peppe (detto Er Tigre) nei “I soliti ignoti” di Monicelli come “l’Armata Brancaleone” e “La grande guerra”, a “Il sorpasso” e “I mostri” di Dino Risi fino a “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola.
L’uomo, il Mattatore capace di colorare il linguaggio muto delle emozioni, dietro una risata leale lontana da qualunque ipocrisia rende ancora possibile immaginare il gusto della felicità, insegna la leggerezza, racconta la malinconia, disegna l’innocenza e le radici più profonde della memoria.
Vittorio Gassman resta una creatura che si è data al sogno: ha scelto l’amore.
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