Nella settimana in cui si è celebrato l’orgoglio gay è arrivata la notizia che la Corte Suprema degli Stati Uniti D’America rende libere le nozze omosessuali in tutti gli Stati del Paese (fino ad ora i matrimoni gay erano legali in 36 Stati americani). Sentenza storica dunque, che fa ben sperare anche per il nostro paese, dove a gran voce si chiede quanto prima l’approvazione della legge sulle unioni civili. Il ddl Cirinnà dal nome della relatrice del provvedimento, la senatrice del Pd Monica Cirinnà, è al vaglio della commissione Giustizia del Senato. Il testo prevede la creazione di un nuovo statuto giuridico che disciplinerà il rapporto tra due persone maggiorenni anche dello stesso sesso che vogliono organizzare la propria vita in comune.
Attualmente si cerca di sfrondare i migliaia di emendamenti presentati, gran parte da esponenti di Area Popolare contrari al ddl perché convinti che possa minare le fondamenta della nostra società, cioè la famiglia tradizionale formata da un uomo e una donna. Il lavoro di questi giorni mira a far approvare il ddl in Senato prima della pausa estiva.
“Sulle unioni civili dobbiamo procedere con lo stesso impegno messo sulla legge elettorale” aveva detto qualche tempo fa il premier Renzi, ma per evitare scontri all’interno della maggioranza ha preferito non blindare il testo sperando da un lato di trovare una mediazione parlamentare con l’alleato di centrodestra e dall’altro una sponda nelle opposizioni (Sel e M5S) favorevoli all’approvazione del disegno di legge.
Il dissenso da parte di Area Popolare si era già manifestato nei giorni scorsi e aveva portato molti esponenti politici a prendere parte al Family Day. “Difendiamo i nostri figli. Stop gender nelle scuole” era lo slogan della manifestazione in favore della famiglia tradizionale tenutasi in piazza San Giovanni a Roma. I manifestanti erano lì per esprimere la loro contrarietà al ddl Cirinnà e alla teoria gender insegnata nelle scuole.
Per i suoi oppositori questa teoria si basa sul superamento della naturale distinzione tra maschi e femmine, dove ognuno è libero di scegliere il proprio genere di appartenenza. La polemica ha preso il via durante l’approvazione della Riforma sulla scuola perché, secondo diversi esponenti di centrodestra, uno dei commi del ddl e cioè quello relativo alla promozione nelle scuole di ogni ordine e grado dell’educazione alla parità dei sessi, prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni rappresentava di fatto la porta di ingresso per l’insegnamento di queste teorie gender nelle scuole.
Polemiche a cui sono seguiti in concreto anche azioni come quella del neo-sindaco di Venezia, Brugnaro che ha deciso di eliminare dagli scaffali delle scuole per l’infanzia testi in cui si parla di genitori dello stesso sesso perché “sono temi da trattare a casa”. Stiamo in ogni caso parlando di testi scritti per bambini e utilizzati nelle scuole di altri paesi, come la Gran Bretagna, al fine di superare le discriminazioni sessuali.
E a proposito delle discriminazioni, alcune delle associazioni che si battono in difesa dei diritti degli omosessuali sono contrarie alla creazione di uno statuto ad hoc, come prevede l’attuale ddl, che regolamenti le unioni degli omosessuali è di fatto istituzionalizzare una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale.
Riconoscere un diritto – secondo queste associazioni – vuol dire consentire anche agli omosessuali di avvalersi dello statuto del matrimonio come per le coppie etero; la contrarietà al ddl Cirinnà nasce anche dalla concreta possibilità che il testo venga emendato, come di fatto sta già accadendo, indebolendolo molto.
La paura quindi è che una volta in più la parità dei diritti resti solo formale e non sostanziale.