Dopo la richiesta di condanna all’ergastolo di un pubblico ministero turco per Can Dundar, direttore del quotidiano “Cumhuriyet”, reo di aver pubblicato delle immagini risalenti a gennaio 2014 in cui gli uomini del Mit -servizi segreti turchi- appaiono intenti a scortare camion con armi destinate ai gruppi jihadisti in Siria, un nutrito numero di giornalisti e intellettuali turchi ha firmato un editoriale sul quotidiano d’opposizione per testimoniare la vicinanza al giornale e al suo direttore. “Siamo con voi”, è il titolo del l’appello sostenuto tra gli altri anche dal premio Nobel Orhan Pamuk contro le minacce del presidente Recep Tayyip Erdogan, che ha denunciato direttamente Dundar per spionaggio.
A pochi giorni dal 7 giugno, data delle elezioni politiche nel paese, Recep Tayyip Erdogan – eletto Presidente lo scorso anno – si è reso anche protagonista di uno scontro con gli organi di stampa internazionali come il New York Time, la Bbc e la Cnn, accusati di servire una “mente superiore” che vuole minare l’indipendenza del paese, e di un attacco diretto alle donne turche, che secondo il presidente non essendo parlamentari non hanno diretto di protesta alcuna.
L’hashtag #sirtimizidönüyoruz (ti stiamo dando le spalle) è la risposta di migliaia di donne che hanno postato la propria foto per contestare le parole sessiste del capo di Stato.
Un totalitarismo politico e culturale quello del presidente Erdogan, in cui la negazione dei diritti assume la dimensione di una peste ma che in alcun modo può spezzare la volontà di chi sceglie di essere umiliato, ferito o ucciso per continuare a proteggere l’essenza più alta della natura umana, quella che rifiuta la rassegnazione contro ogni oppressione e che illumina la propria fede rendendo ogni individuo un uomo libero.