Se impedisci ai poliziotti di torturare, loro non possono lavorare. E’ il “Teorema Salvini” che il ruspante con la ruspa si è sentito in dovere di pronunciare nella giornata contro la tortura, in spregio alla mancanza di una legge – sempre rimandata – per istituire in Italia, come in tutte le nazioni civili, il reato di tortura. Il padano scaltro invece si è andato a prendere un po’ di consenso populista incontrando alcuni poliziotti con la solita casacca parlante, su cui ha scritto Polizia. Cioè, sono dei vostri e via con strette di mano a tutti, promettendo libertà di eccesso, perché il limite di non massacrare le persone fermate intralcia i movimenti.
Salvini ha detto che se un delinquente nel parapiglia dell’arresto si sbuccia un ginocchio o si rompe una gamba, peggio per lui. Ma il punto non è questo. Perché di tortura si parla quando una persona arrestata e impotente è sottoposta a inutili e rilevanti sofferenze fisiche e psicologiche.
Esattamente quello che è successo a Genova, quando i fermati sono stati rinchiusi nella caserma Bolzaneto. Non potevano abbassare le braccia per ore, dovevano stare in piedi, in celle affollate, a temperature altissime, senza poter andare in bagno, insozzate dai loro escrementi, costrette a guardare sempre a terra negli spostamenti, percossi se non ubbidivano, da agenti con la suoneria del cellulare che cantava “faccetta nera”.
Fatti coraggiosamente trascritti dall’ex giudice Roberto Settembre, che si è occupato della vicenda, e appena andato in pensione, ha sentito il dovere – come cittadino – di raccontarli nel suo libro “Gridavano e piangevano”.
No signor Salvini, la tortura è abuso violento contro la Costituzione della dignità.
E’ un retaggio fascista, che piace ai fascisti. Qui la sua ruspa non passa..
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