L’’Annus Horribilis” 2015, iniziato con il massacro della redazione parigina di Charlie Hebdo, consolidato con la nuova decapitazione del giornalista giapponese freelance Kenji Goto per mano ISIS (una macabra serie inaugurata da James Foley nel 2014) e l’uccisione del 110° reporter in Siria, sta confermando il suo trend anche in Sud-America; a maggio, ben 22 “periodistas” de El Nacional, Tal Cual y La Patilla furono arrestati e privati del passaporto per presunte calunnie nei confronti del vice-presidente Diosdado Cabello, pezzo grosso del regime bolivarista post-Chàvez. In Ecuador, il blogger di Plan V, Villavicencio, condannato a cinque anni e un risarcimento milionario per calunnia nei riguardi del presidente Rafael Correa Delgado, è ancora in volontario esilio nella foresta amazzonica, da dove ha scritto un libro sulla sua vicenda. L’episodio più atroce, rimane finora quello avvenuto il 21 maggio in Brasile; il corpo del blogger Evany Metzker (nella foto), che stava indagando su la prostituzione infantile, è stato ritrovato privo di testa, con le mani legate dietro la schiena.
Caracas, colpi di coda di un regime alla frutta
Le accuse di connivenza con il narcotraffico colombiano, rivolte a Cabello, sono parte di un’antica controversia tra Venezuela e Colombia, ai tempi che i rispettivi Stati erano guidati da Hugo Chàvez e Alvaro Uribe. Chàvez, fondatore del socialismo bolivariano, fu accusato allora di sostenere, in combutta con le FARC, un progetto ai fini di edificare uno Stato unico, la Gran Colombia, sulle orme della visione di Simon Bolivar. Questo presunto disegno si fonda essenzialmente sull’inchiesta di JJ Blasco, corrispondente estero del periodico spagnolo ABC. Blasco scrisse a suo tempo un libro a proposito. Nel 2014 raccolse le indiscrezioni del capo-scorta di Cabello, tal Leamsy Salazar, già responsabile della sicurezza di Chàvez, che disertò e divenne confidente della DEA.
Secondo costui, Cabello trasportò dentro il suo ufficio valigie piene di dollari, che furono aperte dal caposcorta. Ammesso che le dichiarazioni di Salazar corrispondano al vero, non è chiaro se questo denaro sia stato occultato ai fini dell’arricchimento personale, o per il partito, né fu accertato che i soldi provenissero dal traffico di droga. Sta di fatto che Uribe, in Colombia, appoggiò in pieno la politica statunitense, essendo allora il nemico più spietato dell’esercito rivoluzionario FARC, che aveva sequestrato e ucciso suo padre.
Fece eliminare ed estradare negli Stati Uniti diversi esponenti di spicco del movimento; Chàvez lo accusò apertamente di essere un burattino del regime di Washington. Gli arresti dei giornalisti, vertono essenzialmente sul fatto di aver pubblicato, senza verificarle, le asserzioni di ABC, e si basano sul reato di calunnia nei confronti del vice-presidente venezuelano, il politico più influente dopo Maduro.
El Diario boliviano scrive che Manuel Puyana, uno dei 22, è riuscito ad avere accesso alle motivazioni della sentenza, per cui, secondo l’art. 237 y 238 de El Còdigo Orgànico Procesal Penal (codice penale) il ritiro dei passaporti è motivato da “presunciones razonables de peligro de fuga y obstaculizaciòn de la justicia” presunzione ragionevole di pericolo di fuga, e intralcio alla giustizia. Allo stato attuale, sembra che i giornalisti siano comunque a piede libero, con il divieto di lasciare il Paese fino a procedimento ultimato.
Il regime di Maduro è in piena crisi; la recessione economica, dovuta allo scorso ribasso dei prodotti petroliferi, e a un’inflazione che galoppa oltre il 60%, aggrava il conflitto politico che lo scorso anno ha insanguinato le strade di Caracas; uno scenario pessimo, che mette a rischio l’ALBA, Alianza Bolivariana, di cui fan parte anche Cuba, Nicaragua, Bolivia, Ecuador, e numerosi stati caraibici. La censura e l’attacco alla libertà di stampa, non fanno altro che portare legna al fuoco della contro-rivoluzione; fiamme sulle quali soffiano costantemente NSA e Congresso USA.
Brasile modello ISIS
Parlando di “anni orribili” della stampa sud-americana, lo sono senz’altro, dal 2011 a oggi, per il Brasile; 15 giornalisti assassinati da allora. Quelli che han fatto più scalpore, per la notorietà delle vittime, Randolfo Lopes e sua moglie a Barra de Piraì, e soprattutto Décio Sà, noto blogger del Maranhao, legato alla famiglia de l’ex presidente Sarney, freddati nel 2012. La corruzione politica in Brasile, specie a livello periferico, è spesso connessa con il settore energetico (vedi il maxi scandalo Petrobras) e inevitabilmente con la criminalità organizzata, cartelli della droga e traffico di prostituzione minorile.
I giornalisti che indagano su queste piaghe, sono nella maggior parte dei casi cronisti di testate regionali, e blogger. I giornaloni, come Folha de Sao Paulo e la catena di O Globo, rappresentano il ceto conservatore del Paese, e grandi gruppi industriali, come nel caso di Folha, il cui editorialista di spicco, Aécio Neves, è leader PSDB, i socialdemocratici, che per poco non scalzarono Dilma Rousseff dal podio più alto della politica, durante le elezioni presidenziali di ottobre 2014; Roberto Marinho, editore di O Globo, è anche proprietario di Rede Globo, il network più potente del Paese. Costoro non hanno alcun interesse a scatenare conflitti con lobby di potere, sovente legate a interessi trasversali di dubbia natura. Il delitto più efferato è stato commesso un paio di settimane fa; i killer hanno fatto copia/incolla con le esecuzioni dei feroci islamisti, e hanno decapitato, nella regione di Minas Gerais, Evany Metzker dopo averlo torturato.
Il blogger stava indagando in una della favelas più malfamate della regione, Padre Paraìso, un traffico di prostitute-bambine. Il suo ultimo post pubblicato, appare profetico e beffardo allo stesso tempo: “Benvenuti a Padre Paraìso; le regole e le leggi danno fastidio, ma qui non abbiamo di questi problemi”. Le possibili coperture di cui gli assassini potrebbero aver usufruito, trovano riscontro in due omicidi simili avvenuti nel 2013, sempre nello Stato di Minas Gerais; il reporter Rodrigo Neto e il fotografo Walgney Carvalho,, furono uccisi da un killer in moto; per quel duplice omicidio, un poliziotto fu condannato, come mandante, a 12 anni.
Quello di Metzker è il secondo di quest’anno; il conduttore di un programma radiofonico, Gerardo Coronel, è stato assassinato in marzo al confine con Paraguay. Le cifre sono probabilmente al ribasso, secondo Reporteros Sin Fronteras. Il Brasile è, dopo la Colombia, il paese nel continente con il più alto numero di omicidi giornalistici. Dal 2012 ha superato anche il Messico.
Una medaglia d’argento di cui avrebbe fatto volentieri a meno.