“L’esule siede nella valletta dei salici e torna a riprendere ancora il suo arduo mestiere: sperare”.
Ricordiamo le parole di Bertolt Brecht (da Poesie di Svendborg), oggi
20 giugno, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, indetta dalle Nazioni Unite per la prima volta nel 2001.
Carlotta Sami, portavoce per il sud d’Europa dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati,
sottolinea il numero dei richiedenti asilo nel mondo, il più alto in assoluto dalla Seconda Guerra mondiale.
Uomini, donne e bambini costretti a lasciare la propria terra per sfuggire all’ingiustizia, alla violenza, all’oppressione e alla morte solo per un’ideale politico, un credo religioso o per l’appartenenza ad un gruppo etnico diverso.
Una compresenza di dolore e speranza a cui in questi giorni abbiamo visto opporre muri, filo spinato e parole vuote a sottolineare l’assurdità della situazione di chi contrappone il proprio egoismo a un’indigenza indicibile.
UNHCR, Amnesty, Arci, Emergency, Medici senza Frontiere, la Caritas e molte altre associazioni hanno organizzato manifestazioni in varie città Italiane per evidenziare i diritti dei rifugiati chiedenti asilo e per chiedere di perseguire il bene di un popolo di vinti, capace di credere ancora nell’avvenire.
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