Il 7 giugno la Corte suprema dell’Arabia Saudita ha confermato le condanne a 10 anni di carcere e a 1000 frustate nei confronti di Raif Badawi, sancendo un nuovo giorno nero per la libertà d’informazione nel paese. La decisione di confermare le sentenze emesse il 7 maggio 2014 è agghiacciante. Raif Badawi è stato condannato solo per aver osato esercitare il suo diritto alla libertà d’espressione attraverso un forum online in un paese che, evidentemente, considera quel diritto come una pericolosa forma di eversione.
Per Amnesty International, Raif Badawi è un prigioniero di coscienza. Alla campagna per il suo rilascio hanno già aderito decine di migliaia di persone in ogni parte del mondo. In Italia, alla campagna di Amnesty International hanno aderito anche Articolo 21, Un Ponte per…, Medici contro la tortura, l’Associazione per la pace e la rivista Confronti.
Il 9 gennaio 2015, Raif Badawi ha ricevuto le prime 50 frustate a Gedda, in pubblico, alla fine della preghiera del venerdì. Nelle successive settimane, le frustate sono state sospese, inizialmente per motivi medici poi senza spiegazioni. Dopo la conferma delle condanne, le frustate rischiano di riprendere.
Anche se la speranza era in un esito diverso, la conferma delle condanne di Raif Badawi renderà ancora più forte la campagna per la sua scarcerazione. Ce lo chiede sua moglie, Ensaf Haidar: “Voglio dire a voi, persone libere che avete preso a cuore il destino di Raif, che le vostre proteste stanno facendo la differenza. Per favore, non fermatevi fino a quando Raif non sarà rilasciato”.
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