Ringrazio Alessandro Mantovani, che sul Fatto Quotidiano ha raccontato la storia della mia condanna, e ringrazio Articolo 21, che qui mi da la possibilità di aggiungere qualche osservazione. Direi che la storia è interessante per due aspetti: uno che riguarda la libertà di stampa e uno che riguarda la possibile crescita di un “potenziale fascista” nella società contemporanea.
Libertà di stampa. Io sono stato condannato con una sentenza che in pratica dice: hai esercitato il diritto di cronaca in modo lecito, ma con il tuo documentario hai danneggiato la reputazione di una persona e, conseguentemente, la sua attività professionale. Premesso che rispetto le sentenza e difenderò fino alla morte l’indipendenza della magistratura, devo far notare alcuni fatti: Non sono io che ho rovinato la reputazione di Gigi Guerzoni, leader dei Legittima offesa. Lo ha fatto lui da solo, come dimostrano i suoi precedenti penali.
Non è vero che ho danneggiato la sua attività. Basta leggere sul sito dei Legittima offesa e consultare la rete: di concerti, dopo l’uscita del mio documentario, ne ha fatti moltissimi. Nel sito si racconta che, dopo il mio film, la band è stata invitata in televisione. Insomma, uno degli effetti collaterali di Nazirock è stato un aumento della popolarità di Gigi Guerzoni e della sua band.
Nella sentenza si dice che io avrei montato, dentro l’intervista a Gigi Guerzoni, alcuni materiali di repertorio su Hitler e Mussolini. Non è assolutamente vero, questi materiali sono stati montati in un blocco precedente, nel quale hanno un significato preciso. Se avessi voluto dare una cattiva immagine di Gigi Guerzoni, non avrei fatto ricorso a questi mezzucci, ma avrei semplicemente elencato i suoi precedenti giudiziari. Cosa che non ho fatto. Perché a me, intervistando Gigi, interessava soltanto capire l’origine delle sue idee. Capire e far capire perché un ragazzo di oggi la pensa in quel modo.
Dico di oggi, per sottolineare che le sue idee appartengono a un passato che si credeva sepolto nella pattumiera della storia. E nella sentenza che mi condanna si dice che io lo avrei ingiustamente collegato a queste idee. Anche se lui nell’intervista si dichiara revisionista per quanto riguarda lo sterminio degli ebrei e nazional socialista per quanto riguarda le sue idee politiche. Né batte ciglio quando gli faccio notare che nazional socialista è la traduzione di nazista. Però dice di non essere né di destra né di sinistra. E quest’ultima dichiarazione viene ripresa nella sentenza. Peccato che si tratti di una formula fin troppo logora. La usavano i terroristi neri di Terza posizione, come Giusva Fioravanti, condannato per la strage di Bologna: “Non siamo né di destra, né di sinistra. La nostra è una terza posizione”. Da notare che sul palco della manifestazione politica di Forza nuova, dove si esibivano i Legittima offesa e gli altri gruppi rock, c’era anche, invitato come relatore, Luigi Ciavardini, un altro responsabile di quella strage.
Da notare che durante l’esibizione dei Legittima offesa su quel palco, il pubblico, come si vede nel mio documentario, si esalta nel saluto fascista e alla fine srotola uno striscione in cui si chiede in caratteri cubitali PIU’ NAZIFASCISMO.
Ma chi fa vedere queste cose, come ho fatto in Nazirock, viene condannato dalla giustizia italiana. E si ritrova da solo, a dover pagare. Quando poi vince una delle tante cause con cui viene perseguitato dalla destra rappresentata nel documenatario, si ritrova a dover pagare le proprie spese legali, perché questo prescrive la legge italiana sulla diffamazione, che nessuno, neanche la sinistra, ha voluto cambiare.
Alla fine da questa esperienza umana e professionale ti arriva un messaggio forte e chiaro: LASCIA PERDERE. E adesso due parole su quello che io chiamo il “potenziale fascista”, cioè le condizioni sociopolitiche favorevoli a un ritorno al potere di leader e materiali ideologici collegabili all’esperienza storica nazifascista. Che cos’era il nazional socialismo, o nazismo? Era un sistema che perseguiva, all’interno dei propri confini, il benessere economico, che andava ottenuto a discapito di altri popoli, ritenuti meno competitivi, inferiori, da eliminare.
Oggi la globalizzazione mette sul mercato una massa incontenibile di lavoratori a basso costo, mentre i fenomeni migratori mettono a dura prova le nostre coscienze. E’ possibile che alcuni abbiano paura, che altri, per non sentirsi colpevoli, comincino a pensare a queste popolazioni migranti come inferiori, come a vite non degne di essere salvate. Questo sta già succedendo? Se fosse vero ci troveremmo di fronte a un potenziale esplosivo, che va prima capito e poi disinnescato.
Con il mio documentario, Nazirock, ho esplorato una parte di questo mondo. E ho sperimentato, devo dire, una certa solitudine, come se l’antifascismo fosse un discorso rivolto al passato, in bianco e nero, da visualizzare con gli spezzoni dell’Istituto Luce. Secondo me è un discorso che potrebbe riguardare il futuro, che va fatto a colori, con idee nuove, in alta definizione.