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Mafia Capitale, non ostacoliamo i cronisti con vecchi e nuovi bavagli

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Se Mafia Capitale è emersa dall’oscurità lo si deve non solo all’azione di giudici e poliziotti capaci e coraggiosi, ma anche ad un pugno dicronisti, da Lirio Abbate a Marco Lillo, per citare i due più conosciuti, che non hanno mai smesso di indagare, contestualizzare i frammenti, ridare memoria, seguire le piste degli intrecci tra mafia e politica. Lo hanno fatto, insieme ad altri, senza mai farsi condizionare da logiche di parte o di appartenenza, onorando così i valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione.

Le loro prime inchieste furono accolte con fastidio e disprezzo da chi, ieri come allora, vorrebbe liquidare non le mafie, ma chi le contrasta.
Da qualche giorno, dopo le ultime e non definitive retate, si stanno moltiplicando le lodi verso i giudici e i cronisti che hanno contribuito ad illuminare “Il mondo di mezzo, di sotto e di sopra…“, ma se davvero si vuole incoraggiare la loro azione sarà il caso di archiviare, ora e subito, qualsiasi ipotesi di legge bavaglio.

Se queste inchieste, giudiziarie e giornalistiche, hanno colto nel segno è anche grazie all’uso delle intercettazioni. Se la pubblica opinione è oggi informata lo si deve anche alle inchieste e alla decisione di pubblicare in modo ampio i testi delle intercettazioni, anche di quelle apparentemente irrilevanti, ma determinanti nel consentire di comprendere il clima di degenerazione etica ancor prima che politica.

Il presidente Renzi ha assicurato la massima severità contro la corruzione ed il massimo sostegno all’azione di pulizia in atto. Se davvero ha queste intenzioni sarà il caso che chieda ai suoi gruppi parlamentari e al suo governo di non procedere alla presentazione e alla approvazione delle nuove norme annunciate in materia di diffamazione e di intercettazioni.

Qualsiasi ipotesi di aumento delle multe e delle sanzioni a carico di quei pochi cronisti che ancora si dedicano alle inchieste e la eventuale limitazione dell’uso e della pubblicazione di questo tipo di intercettazioni, sarebbe non solo sbagliato, ma anche un segnale devastante nei confronti di chi continua a contrastare mafie e malaffare. Chi davvero vuole solidarizzare con i Di Matteo, gli Abbate, i Lillo, i Saviano, i Tizian…, ha il dovere politico e morale di eliminare gli ostacoli e le trappole disseminate lungo gli itinerari e di tentare di salvaguardare quello che resta dello stato di diritto e della Costituzione.

Fonte: “Il Fatto Quotidiano”


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