Joseph Stieglitz: sulla Grecia “i leader europei rivelano la vera natura della disputa: il potere e la democrazia. Io sto con Tsipras e al referendum voterei no”

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Un’altra testimonianza di un altro grande intellettuale dei nostri tempi, Joseph Stieglitz, premio Nobel per l’Economia e professore alla Columbia University. Come Krugman, Bauman e decine di altri grandi intellettuali, egli si schiera apertamente con Tsipras, contro la nuova “barbarie” della troika e la subalternità evidente dei governi europei. Ha pubblicato un intervento illuminante sul quotidiano britannico The Guardian, che abbiamo tradotto per i nostri lettori.

“I leader europei cominciano finalmente a rivelare la vera natura della attuale disputa sul debito, e la risposta non è piacevole: è sul potere e sulla democrazia molto più che sul denaro e l’economia. Naturalmente, le scelte economiche che accompagnavano il programma che la troika impose alla Grecia cinque anni fa, si sono risolte in un declino del 25% del PIL del Paese. Non riesco a immaginare altra fase di depressione deliberata che abbia mai avuto conseguenze tanto catastrofiche: il tasso di disoccupazione giovanile della Grecia, ad esempio, supera oggi il 60%.

È stupefacente il fatto che la troika abbia rifiutato di accettare la responsabilità di queste scelte, e non abbia ammesso come siano state pessime le previsioni e peggio ancora i modelli economici. Ma ciò che appare ancora più sorprendente è che i leader dell’Europa non abbiano mai imparato nulla. La troika chiede nuovamente che la Grecia raggiunga una eccedenza primaria (ad esclusione del pagamento degli interessi) del 3.5% del PIL a partire dal 2018. Gli economisti di tutto il mondo hanno condannato questo obiettivo come troppo punitivo, perché perseguirlo significa inevitabilmente portare il paese a un declino ancora più profondo. Pertanto, anche se il debito della Grecia fosse ristrutturato al di là di ogni immaginazione, il Paese rimarrebbe in depressione, se gli elettori confermassero col referendum l’obiettivo della troika.

In termini di trasformazione di larga parte del deficit primario in surplus, pochissimi paesi hanno compiuto cose simili a ciò che i greci hanno ottenuto negli ultimi cinque anni. E, poiché i costi in  termini di sofferenze umane sono state estremamente elevate, le recenti proposte del governo greco erano andate al di là rispetto alle richieste dei creditori. Dobbiamo essere chiari:  quasi nulla della cifra elevate del denaro prestato alla Grecia è andato effettivamente in Grecia. È servita solo a ripagare i creditori del settore privato – le banche tedesche e francesi. La Grecia non ha ottenuto che un’inezia, eppure ha pagato un prezzo altissimo per preservare il sistema bancario di questi paesi. Il Fondo Monetario e gli altri creditori ufficiali non hanno bisogno dei soldi che chiedono in restituzione. In uno scenario tipico del mondo degli affari, il denaro ricevuto dovrebbe essere molto più saggiamente riprestato alla Grecia.

Ma, di nuovo, non si tratta qui di denaro, di soldi. Qui si tratta dell’uso degli ultimatum per costringere la Grecia a inginocchiarsi e ad accettare l’inaccettabile – non solo misure di austerità, ma altre politiche regressive e punitive. Perché l’Europa lo fa? Perché i leader dell’Unione Europea sono contrari al referendum e rifiutano perfino di estendere di pochi giorni la scadenza del 30 giugno per il prossimo pagamento della rata al FMI? Non interessa nulla della democrazia all’Europa? […]

La questione della legittimazione popolare è incompatibile con le politiche dell’eurozona, che mai è stata un progetto democratico. Gran parte dei suo governi non hanno mai cercato l’approvazione popolare in fatto di cessione di sovranità alla BCE. Quando la Svezia lo fece, gli svedesi dissero no. Capirono che la disoccupazione sarebbe cresciuta se la politica monetaria del paese fosse stata impostata da una banca centrale che concentrata esclusivamente sull’inflazione.

È ormai abbastanza certo che ciò cui stiamo assistendo, 16 anni dopo che l’eurozona ha istituzionalizzato quelle relazioni economiche, è l’antitesi della democrazia: molti leader europei vorrebbero vedere la fine del governo del primo ministro di sinistra Alexis Tsipras. Dopo tutto, è estremamente sconveniente avere in Grecia un governo che si oppone aquei modelli di politica economic ache tanto hanno contribuito ad aumentare la diseguaglianza in tantissimi paesi avanzati. Sembrano credere di poter disarcionare il governo greco costringendolo con la forza ad accettare un accordo che contravviene il suo mandato.

È dura capire come voteranno i greci il 5 luglio. Nessuna alternativa è semplice. Il voto positivo porta alla depressione quasi senza fine. Al contrario, un voto negativo almeno apre la possibilità che la Grecia, con la sua forte tradizione democratica, possa riafferrare il destino nelle sue mani. I greci potrebbero riappropriarsi dell’opportunità di costruire il proprio futuro, di prefigurarlo in modo tale che almeno apra ad una speranza, piuttosto che piegarsi alla tortura del presente.

Io so come voterei”.

Pino Salerno

Da Jobsnews


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