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#informazionebenepubblico – Informazione malata, ingabbiata in logiche vecchie

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E se nel panorama di riforma del nostro paese iniziassimo a ragionare sul rivedere dal punto di vista dell’etica e della correttezza il modo di intendere il diritto-dovere di informare, ma soprattutto il diritto da parte dell’utenza di essere “correttamente” informati? Sarebbe un ottimo punto di partenza, al quale agganciare tutte le novità che ci apprestiamo a vivere nella costruzione di un futuro migliore per il mondo dei media in un  paese che nella sua voglia di riformata modernità non può prescindere dal miglioramento della qualità complessiva dell’ informazione. Che al momento resta profondamente malata, ancora ingabbiata in logiche desolatamente vecchie, legate a criteri politico-economici sempre più distanti dalle richieste di un pubblico che vede altre forme di accesso alle notizie, supportato da tecnologie in costante evoluzione capaci di offrire nuovi strumenti di diffusione tanto veloci nell’affermarsi quanto troppe volte precari nella loro ondivaga credibilità….

Ecco, la parola qualità deve essere al centro della riforma del nostro sistema informativo: qualità coniugata con correttezza e trasparenza. Il più lontano possibile da conformismo, ripetitività, omologazione e prassapochismo, che fanno ormai parte di quel giornalismo urlato e becero, votato più al sensazionalismo che al desiderio di informare. Occasioni per una riflessione sullo stato dei media nei prossimi mesi non mancheranno di certo.

Cito un esempio per tutti, forse l’occasione migliore : la riforma del servizio pubblico radiotelevisivo. E prima ancora che il suo riassetto societario, prima ancora che il ridisegno del suo staff dirigenziale, deve premere la “mission” editoriale, il “cosa fare per giustificare l’esistenza di un servizio pubblico” in Italia. Ed ecco che al centro deve allora esserci nuovamente la parola qualità, per far sì che il prodotto offerto ad una platea sempre più distratta ed apatica, torni ad essere valutato come meritevole di un canone e di un sostegno da parte dell’opinione pubblica, clamorosamente venuto meno negli ultimi vent’anni di vita della RAI.

Iniziamo da qui, rivedendo priorità ed obiettivi editoriali, magari sporcandoci nuovamente le scarpe per un giornalismo “vero”, quello auspicato da molti, non asserragliato attorno ai palazzi del potere, ma piuttosto impegnato nell’illuminare quelle periferie tanto care a papa Francesco e tanto più vicine agli interessi ed alla curiosità vera di un pubblico, sempre più distante dal mondo che per troppi anni i nostri giornali e le nostre televisioni hanno inseguito.

* Premio giornalistico Marco Luchetta


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