Ci siamo salvati da ebola, quella che potevano portare i profughi arrivati sui barconi. E ’vero, il periodo di incubazione di ebola era tale per cui sarebbero magari morti prima di imbarcarsi o alla peggio in mare…ma vai a sapere…Ci siamo salvati nonostante questi straccioni, untori, arrivino a centinaia ogni giorno. Gli misuriamo la febbre appena scesi dai loro gommoni semiaffondati, quando arrivano assetati e spossati, sopravvissuti a giorni in mare chiusi nelle stive a cinquanta gradi e a mesi di torture nei loro paesi dittatoriali…e, miracolosamente, la maggior parte di loro non ha una linea di temperatura.
Ma continuano ad arrivare, a disturbare questo inizio d’estate, a farci guardare le invisibili frontiere del mare con sospetto. Si accampano vicino alle nostre stazioni continuando a portare malattie. Compresa la malaria. ”Immigrazione, è allarme scabbia e malaria: decine di infetti nelle città” . Questo il titolo del “Secolo d’Italia”, e così inizia l’articolo: “sbarcano a Milano e a Roma la scabbia e la malaria, malattie infettive e contagiose, portate dall’immigrazione selvaggia e incontrollata”…
In effetti il pericolo esiste. La scabbia, infatti si trasmette con un contatto diretto e prolungato con effetti personali di chi ne è affetto. Non con un abbraccio o una stretta di mano, certo, ma del resto chi vorrebbe dar la mano o peggio, abbracciare questa massa di profughi spauriti ? Un contatto, fate attenzione, che deve essere effettuato entro breve tempo perché gli acari possano attaccare il nuovo ospite. Il problema, come ci racconta un comunicato dell’azienda ospedaliera universitaria Santa Maria della misericordia di Udine, la scabbia “si puo’ diffondere più facilmente in condizioni di affollamento quando la vicinanza corpo/pelle è importante e soprattutto prolungata…”
Per chi ha paura, il fatto che l’infezione sia facilmente eradicabile se trattata con farmaci e con una buona igiene personale con vestiti puliti ed evitando di condividere materassi o coperte, è del tutto secondario. E la malaria, poi. Si trasmette solo con la zanzara anofele. Dopo l’opera della bonifica integrale degli anni ’30 non è che in Italia ce ne siano proprio tante di zanzare anofele. Anzi no, qualcuna è anche arrivata da noi, portata all’interno di merci esotiche o dentro qualche valigia. Un pericolo di contagio veramente terribile…
Mi verrebbe da dire “a parte gli scherzi” dobbiamo fare qualcosa. Ma qui c’è poco da scherzare. Queste preoccupazioni meschine, grette ed egoistiche hanno radici nell’ignoranza . Un’ignoranza coltivata e fertilizzata da interessi politici che cavalcano l’esasperazione e il malcontento di poveri disgraziati ottusi che non sanno neppure in quale mondo vivono , che non alzano gli occhi dal loro ombelico attorno al quale girano le piccole miserie quotidiane. Ma che rispecchiano anche il fastidio di una borghesia piccola piccola , disturbata e infastidita dal dover incrociare lo sguardo di un’umanità ferita e torturata mentre stringendo al petto borsette firmate, scavalca rapida questi straccioni aggrappati alla vita con un’ostinazione fastidiosa.
Mi sembra di capire che forse la paura del contagio (prima ebola, ora scabbia e addirittura malaria) sia solo la proiezione di altra paure. Quello di essere contagiati da un mondo che vogliamo resti lontano. Da orrori di guerre, di soprusi, di dittature che finchè restano al di là dei nostri confini sono qualcosa di immaginario , un orrore da vedere nei telegiornali, quasi come in un film. Ma quando si incontrano gli sguardi, si annusa l’odore, si sente il pianto dei bambini, allora parte il contagio. E’ sempre più difficile voltarsi dall’altra parte.
Solo così però si può forse guarire. La scabbia si cura, ma solo se viene curata , e non fa più paura. La malaria, qui , non si attacca, ma deve essere curata in chi ne soffre. Mettiamoci in testa che queste persone, la maggior parte delle volte si ammalano qui da noi per le condizioni di vita nelle quali li costringiamo a vivere solo perché hanno deciso di fuggire per salvarsi la vita.
Sono loro che vengono contagiati. E siamo noi gli untori di una delle più terribili malattie. L’ indifferenza.