“Quanti immigrati ospita il Papa? Li portasse a casa sua..”, questi alcuni dei commenti dei razzisti di casa nostra, in risposta alle parole di Francesco sull’accoglienza e sulla necessità di costruire ponti e non di innalzare altri muri. Sarebbe per altro facile rispondere a costoro quali e quante siano le iniziative promosse dalla Chiesa, dalle Chiese di altre confessioni, e da centinaia di associazioni laiche a favore dell’accoglienza e dell’aiuto a favore degli ultimi in Italia e non solo.
“Aiutateli a casa loro..”, aggiungono gli urlatori di turno, ma forse non sanno o non vogliono sapere che proprio queste organizzazioni lavorano nei paesi piú lontani e martoriati dalle guerre, dalle dittature, dalla fame.
Sono gli stessi che hanno accolto con fastidio anche l’enciclica ” Laudato si”, perché si tratta di un testo che contrasta alla radice egoismo, esclusione sociale, sfruttamento dell’ambiente e delle persone, subordinazione dell’interesse generale agli appetiti di pochi.
Eppure quel testo indica l’unica strada possibile per costruire un futuro di pace e di giustizia, che consentirebbe davvero a chi oggi scappa di ” Vivere a casa sua”. Quando Francesco critica il modello di sviluppo e sollecita una diversa distribuzione delle risorse indica la strada della giustizia.
Quando chiede che i beni naturali, a cominciare dalla terra e dall’acqua, siano a disposizione di tutti, indica la strada della civile convivenza.
Quando chiede l’intervento di una Agenzia mondiale capace di risolvere i conflitti dalla Siria alla Libia, dall’Eritrea al Sudan, dal Medio Oriente alla Somalia, invoca la risoluzione delle radici delle infezioni.
Sino a quando questi nodi non saranno affrontati e non saranno riconosciuti gli errori commessi anche dall’Occidente, non sará possibile fermare l’esodo.
I disperati continueranno a fuggire anche a rischio della vita.
Se saranno costruito i muri scaleranno anche quelli.
Chi pensa di spaventarli a suon di armi e di bombe, ignora che costoro scappano da altre armi, da altre bombe, da violenze inenarrabili.
Chi pensa di vincere a colpi di leggi speciali e di talloni di ferro, presto scoprirà di aver costruito le ragioni di una guerra senza fine, che non risparmierá nulla e nessuno.
Le indicazioni contenute nell’enciclica non sono parole consolatorie, utili per la predica del dí di festa, ma indicazioni realistiche per tentare di uscire dalla crisi e dare una risposta anche ai malesseri sociali e alle paure innescate dalle migrazioni.
Chi si limita ad invocare muri e fili spinati, forse guadagnerá qualche facile consenso, ma non sará in grado di contribuire alla soluzione della catastrofe umanitaria in atto. Nella visita di Torino il Papa ha scelto di pranzare con nomadi, emarginati, detenuti, come del resto ha fatto tante altre volte, ed anche in occasione delle sue visite a Lampedusa e ad Assisi.
Non mancherà, anche questa volta, chi troverà il modo di liquidare con superficiale cinismo le scelte di Francesco, ma forse un giorno anche costoro comprenderanno che questi gesti non sono solo ” Buoni e giusti”, ma anche utili, perché i costruttori di ponti lavorano per la pace e la sicurezza di tutti, anche di quelli che vorrebbero innalzare i muri perché “Non sanno quello che fanno” e forse neppure quello che dicono.