Economia contro Democrazia. Lo scontro in Europa è frontale, rispetto alla richiesta dei Greci di poter svolgere un referendum sull’adesione all’accordo proposto-imposto dall’Eurogruppo. Non è questione di tempo (lo slittamento sarebbe di pochi giorni, fino al 4 Luglio), ma di principio.
Sottoporre il diktat di Bruxelles alla consultazione popolare greca sarebbe una cessione di sovranità delle banche alla politica. Cioè degli interessi ai bisogni. Un’eventualità che scardinerebbe il vincolo economico europeo, l’unico vigente, per virare verso una visione politica dell’Unione, che consideri la sostenibilità sociale delle decisioni centrali.
Insomma, le decisioni di queste drammatiche ore valgono più di un trattato. E superano di gran lunga la questione greca. E’ su questa vertenza che l’Europa sta decidendo la sua evoluzione.
Abbandonare la Grecia al suo fallimento sarebbe la lezione che i banchieri multinazionali vorrebbero dare all’insolvente, per far capire agli stati critici cosa potrebbe accadere loro se non rispettassero l’euro-austerità.
Se invece buon senso e lungimiranza prevarranno – e il referendum si svolgerà – potrebbe essere questo l’elemento politico di rottura della supremazia dei conti, per ripensare una via nuova di risanamento “federale” delle sofferenze locali.
Una impostazione che toglierebbe alle destre anti europee il concime dall’austerità. e darebbe nuova linfa al progetto degli Stati Uniti d’Europa. Dove la sofferenza dei popoli non sia più una normale contropartita, ma la prima ingiustizia da scongiurare.
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