Sapete cos’è l’Universal Serial Bus? Massì, è la chiavetta USB, la pendrive, o pennetta, o come ognuno preferisce chiamarla da 15 anni, cioè da quando, nel 2000, è entrata nella nostra vita spazzando via molto velocemente montagne e montagne di Floppy Disk, i mitici dischetti che da una ventina d’anni riempivano cassetti e scaffali delle nostre case e dei nostri uffici.
Le USB sono infatti utilizzate per gli stessi scopi per cui i floppy o i CD erano stati realizzati, vale a dire per l’archiviazione, back-up dei dati e trasferimento dei file del computer, esportazione e prelievo di dati. Da alcuni anni, anche i veicoli (in primis le autovetture) hanno connessioni USB per l’impianto stereo o per quello di navigazione GPS o, per i modelli di lusso, gli impianti video/TV. In alcune situazioni, tramite chiavetta USB si può aggiornare il firmwiredi alcuni moduli dell’automobile, ad esempio il bluetooh. In questo modo la compatibilità dei driver tra dispositivi interconnessi è costantemente assicurata. E serve anche per i videogiochi: infatti le consolle consentono ai videogiocatori di salvare i dati relativi alla partita in corso per poi ricaricarli in un secondo momento senza portarli avanti per ore e ore.
Un’unità memoria flash si compone di un piccolo circuito stampato e un connettore USB, isolati elettricamente e protetti all’interno di una cassa in plastica, metallo o gomma, che può essere trasportata in una tasca o su una catena chiave, ad esempio. Il connettore USB può essere protetto da un cappuccio rimovibile o ritraendo nel corpo dell’unità, anche se non è suscettibile di essere danneggiato se non protetti. Il protocollo per il trasferimento dei dati dal computer alla chiavetta, e viceversa, è un protocollo standard denominato USB Mass Storage protocol. Tale standardizzazione ha incoraggiato l’inclusione dei driver di supporto nel file system locale da parte dei produttori di sistemi operativi quali Windows, Mac OS X e GNU/Linux. Inizialmente la velocità di lettura/scrittura della memoria flash contenuta nella chiavette era molto bassa, “frenata” dalla ridotta banda passante dell’interfaccia USB, che nella sua versione originale, la 1.1, è di 12 Mbit/s. Recentemente invece quasi tutte le chiavette di nuova costruzione utilizzano le più veloci versioni 2.0 o 3.0, perfettamente retrocompatibili con la versione 1.1, e dotate di una banda passante rispettivamente di 480 Mbit/s e di 4,8 Gbit/s. È da precisare però che la velocità non dipende solo dall’interfaccia, ma anche dal tipo di memoria flash utilizzata, e dalla eventuale presenza di microchip dedicati all’interno della chiavetta stessa.
Questo tipo di supporto cominciò a essere realizzato nel 1994 dalla San Disk, ma si sviluppò con le caratteristiche che conosciamo nel 1999, sviluppata in un progetto congiunto dalla stessa San Disk con Panasonic e Toshiba. La maggior novità dello standard USB versione 2.0 è l’innalzamento della velocità teorica di trasferimento a 480 Mbit/s. Questo consente di lanciare sul mercato internazionale la mitica “chiavetta” come definitivo sostituto dei floppy. Nel corso del 2000, superata la sindrome del “millennium bug”, la rivoluzione dell’USB diventa una realtà.
Fino a quel momento per avere la stessa capacità di memoria di una penna USB odierna non bastava un computer grande più o meno quanto una stanza!
E anche i primi floppy disk – diffusi nel 1967 quando la IBM studiò un sistema semplice ed economico per caricare microcodice sui suoi mainframe System/370 – erano dei grossi dischi di sola lettura di 8 pollici, ben 20 cm di diametro. Ci piace ricordare che la prima azienda ad incorporarlo in un personal computer fu la Olivetti, presentando il P6060 alla fiera di Hannover nell’Aprile del 1975. Poi sono diventati progressivamente più piccoli e hanno resistito fino al 2000.
Dal 2000 in poi progressivamente non sono più stati prodotti PC, desk o portatili, con la possibilità di utilizzo dei floppy disk, ma tutti rigorosamente con la porta USB.
Con l’utilizzo di massa della memoria USB sul dispositivo mobile che è ormai possibile avere in qualsiasi materiale, sempre più piccolo e anche personalizzato, è diventato più semplice anche “rubare” dati dai computer di ogni dimensione e potenza: accade nella realtà quotidiana ma accade forse ancora di più nella fiction, soprattutto nei telefilm americani. Ma c’è anche la possibilità di portarsi la propria storia clinica sulla pennetta, mentre Google ha annunciato alla fine dello scorso anno l’introduzione di una chiavetta di sicurezza per proteggere i suoi account e la “pennetta” ha trovato il suo posto nelle voci delle maggiori enciclopedie del mondo.
I traguardi della tecnologia si sommano velocemente l’uno sull’altro, ma la rivoluzione della “pennetta” fa così parte della nostra vita quotidiana che ci torna in mente solo quando, nel fondo di un cassetto che non apriamo mai, troviamo un vecchio dischetto nero con una piccola etichetta incollata sopra che ci riporta con la mente indietro di almeno quindici anni. Ma le pennette che hanno cancellato i floppy non resisteranno più di 30 anni come i dischetti: anche lo storage alla fine sarà solo sulla rete, anche se in Italia dovremo aspettare ancora parecchio tempo.