“Sorumlu benim”, io sono responsabile: giornalisti e intellettuali turchi hanno risposto così all’ultimo atto di “bullismo” del presidente Erdogan contro il direttore del giornale di opposizione Cumhuriyet. Sullo stesso quotidiano hanno pubblicato un manifesto di solidarietà, mettendo anche le foto, cioè la propria faccia, oltre al nome. Una spinta di solidarietà a Can Dundar, responsabile della testata, per il quale l’accusa di Ankara ha chiesto l’ergastolo per violazione dei segreti di Stato e addirittura spionaggio politico e militare. Tutto per un autentico scoop che mette in grave imbarazzo il governo in vista delle elezioni di domenica prossima. La prova cioè dell’appoggio ai gruppi islamisti in Siria. Proprio a firma del direttore Cumhuriyet ha infatti pubblicato le immagini che provano la consegna di armi alla jihad: a bordo di camion scortati dai servizi segreti, spacciati per aiuti umanitari, c’erano proiettili di mortaio e altre munizioni sotto casse di farmaci. Il documento mostra il controllo dei militari (anch’essi accusati poi di spionaggio).
Durissime prese di posizioni sono arrivate dalle organizzazioni dei giornalisti internazionali che parla di “Stato canaglia”, ma anche da personalità di spicco come Pamuk, premio Nobel, che grida contro quest’attacco alla libertà di stampa. Proprio mentre Erdogan mette sotto accuse grandi testate d’informazione come New York Times, Cnn e Bbc.
La Turchia è al 149.esimo posto nella classifica sulla libertà di stampa su 180 Paesi. Tre giornalisti sono in prigione, uno (Hidayet Karaca) addirittura dal dicembre 2014. E uno è stato ucciso: Unsal Zor, neppure due mesi fa.