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Elezioni regionali, i segnali da non trascurare

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Se ci si mette di fronte ai risultati del 31 maggio scorso, cui oggi i quotidiani dedicano molti editoriali, non è possibile ignorare le novità che sono emersi dal voto e far finta che tutto sia come prima. Ha ragione il quotidiano milanese che fu diretto per molti anni  da Luigi Albertini a scrivere che “è la prima battuta di arresto per Matteo Renzi da quando ha conquistato prima la guida del partito, poi Palazzo Chigi e quindi il 40,8% dei voti alle elezioni europee dell’anno scorso. E’ durissima la sconfitta subita dai democratici in Liguria dove hanno ceduto la regione a Gianni Toti, delfino dell’uomo di Arcore e quelli che sono usciti dal PD hanno fatto perdere l’indagata candidata del renzismo; in Umbria la più volte presidente Marini ha vinto per un soffio sul candidato del centro-destra(42,8% contro il 39,2%); in Veneto la candidata renziana Moretti è stata praticamente doppiata dal vincente Zaja, confermato.

In Campania ha vinto De Luca che non ha dato finora una immagine esaltante dei democratici nella regione. In Toscana ha vinto di nuovo Rossi che non lo ama come non è proprio il suo candidato Emiliano che ha vinto, come era previsto,in Puglia.  Renzi non può andare avanti solo contro tutti come ha tentato di fare in questa sfida locale e Berlusconi con la vittoria inaspettata in Liguria ha verificato di avere ancora un certo seguito nella penisola. Renzi ha iniziato a scontrarsi con resistenze non piccole che ci sono nei sindacati, nei dipendenti pubblici, tra gli insegnanti di ogni ordine e grado.  Il presidente del Consiglio se vuole andare avanti e avere la possibilità di affrontare adeguatamente le elezioni politiche quando ci saranno-nel 2018 o anche prima- deve essere in grado di coinvolgere i giovani e i delusi dalla politica, parlare di più con gli italiani e ascoltarli davvero. L’astensione è impressionante (quasi la metà degli aventi diritto al voto) forse  anche(ma non solo) perché il voto è stato fissato durante il ponte più lungo dell’anno. E sempre Renzi non è ancora intervenuto nel bubbone italiano, nelle piaghe che addentano il territorio della  penisola: l’evasione fiscale, l’economia criminale e illegale, la diffusa illegalità e corruzione diffusa  ovunque.

E potremmo continuare.  Insomma, l’attuale presidente-segretario  ha cominciato a governare quando gli italiani erano delusi e arrabbiati e non possiamo dire che il loro umore è cambiato completamente, sta al presidente del consiglio dimostrare nei prossimi mesi che sta facendo sul serio e vuole cambiare il Paese con maggiore libertà e giustizia sociale. Molti italiani incominciano ad essere impazienti.


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