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Ddl Diffamazione: stop carcere per i giornalisti, solo pene pecuniarie. Ecco cosa prevedono i primi 3 articoli approvati

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Slitta aquesta mattina nell’Aula di Montecitorio l’esame della nuova normativa sulla diffamazione a mezzo stampa. Ieri la commissione Giustizia ha chiesto infatti più tempo per esaminare gli emendamenti all’articolo 5 del provvedimento, relativo alle liti temerarie. Intanto l’Aula della Camera ha approvato l’articolo 1 del ddl diffamazione con 207 sì, 62 contrari e 5 astenuti. Il testo elimina la pena della reclusione per la diffamazione a mezzo stampa prevedendo soltanto pene pecuniarie. La diffamazione a mezzo stampa (compresa quella relativa alle testate giornalistiche on line), stabilisce l’articolo 1 del ddl diffamazione, è punita con la multa da 5.000 a 10.000 euro; se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza della falsità, la pena è della multa da 10.000 euro a 50.000 euro. La condanna per questo delitto comporta l’applicazione della pena accessoria della pubblicazione della sentenza e nelle ipotesi di recidiva si applica la pena accessoria dell’interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da un mese a sei mesi. Non sono punibili l’autore dell’offesa o il direttore responsabile che provvedano alla rettifica.

L’articolo 1 inoltre estende l’ambito di applicazione della legge sulla stampa alle testate giornalistiche e on line registrate presso le cancellerie dei tribunali e modifica la disciplina del diritto di rettifica. Le dichiarazioni o le rettifiche della persona che si sia ritenuta lesa nella dignità, nell’onore o nella reputazione, devono essere pubblicate senza commento, senza risposta, senza titolo e con l’indicazione del titolo dell’articolo ritenuto diffamatorio, dell’autore dello stesso e della data di pubblicazione; ciò a meno che le dichiarazioni o le rettifiche non siano suscettibili di incriminazione penale o non siano inequivocabilmente false. E’ disciplinata anche la rettifica sulle testate giornalistiche on line precisando che gli obblighi di pubblicazione vanno assolti entro 2 giorni dalla richiesta (come i quotidiani cartacei), con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia rettificata. Per la mancata o incompleta ottemperanza all’obbligo di rettifica la sanzione va da un minimo di 8mila euro a un massimo di 16mila.

L’Aula della Camera ha approvato anche gli articoli 2 e 3 del ddl diffamazione. L’articolo 2 modifica il codice penale con una norma che fa riferimento alla responsabilità del direttore o vicedirettore responsabile, che risponde a titolo di colpa dei delitti commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione se il delitto è conseguenza della violazione dei doveri di vigilanza sul contenuto della pubblicazione. La pena è in ogni caso ridotta di un terzo e non si applica la pena accessoria dell’interdizione dalla professione di giornalista. Lo stesso articolo disciplina anche le pene per il reato di ingiuria, attualmente punito con la pena della reclusione fino a sei mesi o della multa fino a 516 euro. La riforma elimina la pena della reclusione, sanzionando l’ingiuria – anche quando commessa per via telematica – con la multa fino ad un massimo di 5.000 euro. La pena è aumentata fino alla metà qualora l’offesa consista nell’attribuzione di un fatto determinato ovvero sia commessa in presenza di più persone. Come per la diffamazione a mezzo stampa e l’ingiuria, l’attribuzione di un fatto determinato costituisce un’aggravante, punita con la multa fino a 15mila euro (oggi tale fattispecie è sanzionata con la reclusione fino a due anni o la multa fino a euro 2.065). Un’ulteriore aggravante si applica quando il fatto è commesso con un qualsiasi mezzo di pubblicità, in atto pubblico o in via telematica.


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