La crisi in cui è piombato il Burundi dopo la decisione del presidente Pierre Nkurunziza di candidarsi per un terzo mandato non accenna a risolversi. Al contrario, a seguito del tentato colpo di stato di metà maggio, la morsa nei confronti dell’informazione si è fatta sempre più stretta e la libertà e l’incolumità fisica dei giornalisti sono in grave pericolo. Le intimidazioni nei confronti dei giornalisti non si contano. Il governo non vuole che la popolazione sappia che la polizia ha sparato contro i partecipanti a manifestazioni pacifiche o che tante persone stanno lasciando il paese a causa del clima d’insicurezza e delle violenze delle ultime settimane.
Ecco le vicende degli ultimi giorni.
Il 4 giugno le autorità burundesi hanno ritirato l’accredito del giornalista di France 24 Thais Brouck sostenendo che aveva scritto sulle imminenti elezioni in un modo non conforme alle condizioni descritte nella lettera di accreditamento. Fuori dalla ragione ufficiale, un funzionario del governo gli ha detto che la sua presenza in Burundi stava incitando le persone a protestare. Lo stesso è stato detto, il giorno dopo, ad alcuni fotografi che stavano riprendendo una manifestazione. Dopo essere stati accusati di fomentare le proteste (come se chi protestava da settimane rischiasse la vita solo per il gusto di essere fotografato), sono stati minacciati di essere trattati e giudicati come se fossero dei golpisti.
Il 6 giugno David Thomson, un giornalista di Radio France International (RFI), ha ricevuto telefonate e vari sms minatori. I mittenti, neanche anonimi, erano alti funzionari del governo. Ai giornalisti e ai blogger locali non va meglio. Sono loro i principali bersagli degli attacchi e delle minacce dell’Imbonerakure, l’ala giovanile del partito al governo, il Consiglio nazionale per la difesa della democrazia – Forze per la difesa della democrazia del presidente Nkurunziza.
A maggio, subito dopo il tentato colpo di stato, le redazioni di Radio Bonesha, Radio Isanganiro, Radio Publique Africaine, Rema FM e Radio Télévision Renaissance, tutti media indipendenti, sono state vandalizzate da soggetti non identificati e da allora non hanno più ripreso le trasmissioni. Già ad aprile, le autorità burundesi avevano impedito a Radio Publique Africaine, Bonesha FM e Radio Isanganiro di trasmettere fuori dalla capitale Bujumbura.
Amnesty International ha condannato più volte gli attacchi ai giornalisti e alle radio indipendenti e continua a chiedere al governo del Burundi di avviare indagini per assicurare alla giustizia i responsabili e garantire la libertà d’informazione.