Donato Ungaro 13 anni fa fu accusato di violare la riservatezza dell’amministrazione. La Cassazione gli ha dato ragione. Adesso rivuole il lavoro
Nel 2002 Donato Ungaro era vigile urbano al Comune di Brescello (Reggio Emilia). Era anche corrispondente della Gazzetta di Reggio. Il sindaco lo aveva autorizzato ad arrotondare la paga coltivando la passione per il giornalismo. Poi sul giornale uscì un articolo sgradito e il sindaco dell’epoca, Ermes Coffrini, lo licenziò. Secondo lui aveva diffuso informazioni riservate sull’amministrazione comunale. Ungaro fece ricorso. Dopo tredici anni di battaglie giudiziarie, ha vinto la guerra. L’11 giugno 2015 anche la Cassazione gli ha dato ragione.
Il 22 luglio 2015 il Tribunale di Reggio Emilia discuterà il risarcimento dovuto dal Comune al giornalista. Potrà essere un indennizzo in denaro o il reintegro nei ranghi del municipio. Dopo le traversie di questi anni Ungaro spera proprio che gli ridiano l’impiego.
“Dopo il licenziamento – spiega – è stato molto difficile tirare avanti. Ho smesso di collaborare con La Gazzetta di Reggio ma ho continuato a fare il giornalista. Sono diventato professionista nel 2005, ho poi collaborato con La Gazzetta di Parma, TvParma, l’Unità, il Tg La7, TeleReggio e Mantova Tv. Purtroppo non ho mai avuto un contratto di lavoro subordinato, ma sempre e solo Co.co.co. a cottimo. Al momento ho un impiego di guidatore di autobus a Bologna. Spero che dopo l’udienza del 22 luglio potrò essere reintegrato all’interno del comune di Brescello”.
LA VICENDA – Ungaro svolgeva la funzione di vigile urbano presso il comune di Brescello dal 1994. Su autorizzazione dello stesso sindaco che lo hai poi esonerato dal suo incarico, era un collaboratore del quotidiano La Gazzetta di Reggio.
Il 26 novembre 2002, l’allora sindaco Ermes Coffrini licenziò Ungaro ritenendolo responsabile della pubblicazione su La Gazzetta di un articolo intitolato “In forte aumento i malati di leucemia”. L’articolo riferiva l’allarme di un medico di base che denunciava una percentuale particolarmente elevata di tumori a Brescello. Pubblicato il 24 marzo 2002, in realtà era stato scritto dai redattori del giornale.
“Il doppio ruolo di agente della polizia municipale e di giornalista si poneva in contrasto con i doveri di segreto d’ufficio e di riservatezza previsti da norme di legge e regolamenti in ragione delle funzioni assegnate”, afferma la sentenza di primo grado del tribunale di Reggio Emilia, sezione lavoro, del luglio 2010, che ritenne giustificata l’interruzione del rapporto di lavoro.
Donato Ungaro non si è rassegnato. Ha fatto ricorso per ribaltare quella sentenza. E ha avuto ragione nei successivi gradi di giudizio. L’11 giugno scorso la Cassazione ha scritto la parola fine con una sentenza nella quale si legge: “L’impegno profuso dall’Ungaro nello svolgimento della attività di collaborazione giornalistica non determinava una situazione di incompatibilità con le funzioni di agente municipale alle quali egli era addetto”.
UNA QUERELA INFONDATA – Oltre ad essere licenziato, Ungaro fu querelato per diffamazione due volte dell’azienda emiliana Bacchi, per alcuni articoli nei quali affermava che l’azienda prelevava abusivamente sabbia dalla cava che aveva in concessione sul Po, sebbene avesse già esaurito il quantitativo da asportare e faceva uso di scarti di fonderia per costruire il sottofondo stradale.
Ungaro è stato assolto con formula piena anche da tali accuse. I giudici del Tribunale di Mantova hanno stabilito che aveva esercitato correttamente il diritto di cronaca.
“Mentre scrivevo del prelievo abusivo di sabbia fatto dalla Bacchi – racconta Ungaro a Ossigeno – ignoti hanno tagliato per due volte le gomme della mia auto ed io ho denunciato il fatto al tribunale di Reggio Emilia. Sono stato avvicinato anche da Claudio Bacchi, l’imprenditore dell’azienda, che mi ha invitato a casa sua per risolvere la questione da uomini ”.
Grazie a questa inchiesta, aggiunge Ungaro “la procura di Reggio Emilia ha aperto un fascicolo, dopo aver visionato un video amatoriale da me girato nell’inverno del 2002, in cui si vedono le draghe dell’azienda che scavano illegalmente per prendere la sabbia del Po”. Nel 2011, la Bacchi ha ricevuto un’interdittiva antimafia del Prefetto di Reggio Emilia per i rapporti che intratteneva.
EP