L’Italia non è un Paese per giovani, ma i giovani devono volerlo cambiare. È stata questa la riflessione principale che Agnese Moro, figlia dello statista democristiano assassinato dalla Brigate Rosse nel 1978, ha offerto al pubblico del Festival dell’Economia di Trento, giunto quest’anno alla sua decima edizione. «Credo sia quantomeno eccessiva l’enfasi con cui tanti commentatori descrivono allarmati la cosiddetta “fuga di cervelli”. In realtà, il fatto che moltissimi ragazzi, terminati gli studi, decidano di emigrare non è necessariamente un dramma. Fare nuove esperienze all’estero può essere importante per la propria formazione. Piuttosto, chiediamoci perché questo accade. L’Italia è un Paese triste, un po’ deprimente, per i giovani: altrove l’idea del futuro è molto meno cupa di quanto non lo sia qui da noi».
Nel corso del dibattito organizzato dalla Consulta Provinciale degli studenti di Trento, Agnese Moro ha attribuito le responsabilità di questa stagnazione italiana in primo luogo agli adulti: le disillusioni di chi negli anni ‘70 credeva nella possibilità di cambiare il mondo agiscono oggi come ostacolo nei confronti delle speranze dei più giovani, che si affacciano alla partecipazione politica con estrema diffidenza, quasi con disgusto. Sono i genitori, spesso, a scoraggiare gli entusiasmi dei propri figli. «E invece dovete riappropriarvi dei vostri sogni, coltivarli e cercare di realizzarli», ha detto Agnese Moro, rivolgendosi ai suoi interlocutori e spiegando come sia proprio questa rassegnazione diffusa a impedire una vera mobilità sociale basata sull’attivismo politico. «L’articolo 3 della Costituzione impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona. Ma attenzione: spesso quei limiti siamo noi a fabbricarceli, creandoci degli alibi che giustifichino la nostra accettazione passiva del presente. È indispensabile creare delle occasioni che possano far uscire ciascuno dal guscio della propria individualità e riscoprire il valore del dialogo e del confronto collettivo».
E anche per quanto riguarda la crisi occupazionale, durante il dibattito è stata ribadita l’importanza per i giovani di seguire le proprie aspirazioni: è attraverso la pratica delle proprie passioni che si possono trovare nuove opportunità di lavoro.
Per la figlia di Aldo Moro si è trattato di un ritorno nel capoluogo trentino. Già nell’ottobre del 2013, infatti, aveva partecipato ad un incontro promosso dalla Fondazione Bruno Kessler in cui, insieme a Franco Bonisoli (uno dei membri del gruppo di fuoco delle BR responsabile della strage di via Fani), aveva affrontato il tema del perdono quale negazione o compimento della giustizia. Oggi Agnese Moro non ha voluto, invece, tornare sui 55 tragici giorni della prigionia di suo padre: si è limitata ad una breve considerazione sulla ricorrenza del 2 giugno. «L’unico patriottismo intelligente non può che passare per uno studio attento del nostro passato, per una piena comprensione della nostra storia».