È stata approvata la nuova legge elettorale, volgarmente definita “Italicum” per l’assenza di riferimenti comparati rispetto al sistema che mira a introdurre, la cui applicazione è posticipata al 1° luglio 2016. La legge è stata approvata a seguito di plurime forzature delle procedure parlamentari: dalla sostituzione in commissione affari costituzionali di dieci parlamentari al fine di impedire loro di decidere secondo la libertà di mandato prescritta dall’articolo 67 della Costituzione fino alla apposizione della questione di fiducia da parte del governo per limitare i casi di dissenso, che sono così scesi a trentotto rispetto ai circa centoventi risultanti dalla mancata partecipazione alla riunione del gruppo parlamentare del Pd, salvo risalire di una decina nel voto finale sulla legge.
Sono stati espressi molti dubbi circa la possibilità giuridica di porre la fiducia a termini di regolamento (essendo questa esclusa nei casi in cui è rescritto il voto segreto, come avviene per la legge elettorale quando richiesto), ma la presidenza ha deciso di non accoglierli. Anche da un punto di vista di mero fatto, l’episodio rappresenta comunque una forzatura, che risulta evidente se pensiamo che neppure il centrodestra nel 2005 arrivò a porla, pur avendo imposto la riforma elettorale a colpi di maggioranza. E in effetti l’ultima fiducia era stata imposta solo nel 1953, per la approvazione della “legge truffa” (chiamata così perché rafforzava la maggioranza della coalizione che l’aveva comunque già ottenuta superando il 50%), che aveva determinato fortissime proteste sia a livello popolare, con manifestazioni di piazza, sia a livello parlamentare, fino alle alte cariche istituzionali, con il Presidente del Senato Paratore, che da liberale mal tollerava proprio la apposizione della fiducia da parte del governo avendo precisato che non doveva costituire precedente, arrivando comunque poi a dimettersi proprio a causa delle tensioni createsi su quella legge.
C’è da chiedersi a cosa siano servite tante forzature delle regole procedurali e della dialettica politica, in realtà, praticamente annichilita.
Infatti, una legge elettorale c’è sempre: ieri, oggi e domani. Così esige la Corte costituzionale secondo giurisprudenza consolidata che l’ha portata, quando ha dichiarato incostituzionale il porcellum con la sent. n. 1 del 2014, a lasciare comunque in piedi un sistema elettorale funzionante. Che i soliti appassionati del latinorum hanno già definito consultellum.
Ma il consultellum rimane l’unica legge elettorale per le nostre Camere anche dopo la approvazione dell’italicum e la sua eventuale promulgazione da parte del Presidente della Repubblica. Perché l’articolo 1 comma 1 lettera i) recita, appunto, che «la Camera dei deputati è eletta secondo le disposizioni della presente legge a decorrere dal 1° luglio 2016».
Se le elezioni si terranno prima di questa data si voterà con il consultellum. Con il quale – finché sarà elettivo – si voterà comunque, anche dopo il 1° luglio 2016, per il Senato, salvo che non venga approvata una nuova legge elettorale anche per questa camera.
Insomma, tutta la fretta e le forzature cui abbiamo assistito non servono a nulla: se le elezioni si terranno prima del 1° luglio 2016 entrambe le Camere saranno rinnovate con il consultellum, come se l’italicum non fosse stato neppure approvato, se si voterà dal 1° luglio 2016 la Camera dei deputati sarà eletta con l’italicum e il Senato – finché elettivo – con il consultellum, che vanificherà così l’obiettivo di avere una maggioranza di governo risultante direttamente dal voto popolare, rendendo la previsione di un premio irrazionale (e in quanto tale, in effetti, censurabile dalla Consulta).