Uno sciopero grande. La scuola è scesa in piazza. Tutti, dagli insegnanti al personale amministrativo, agli studenti, si sono ritrovati in 500mila sia nelle sette manifestazioni programmate da tutte le sigle sindacali, sia nelle tante altre iniziative, nei flash mob, nei gruppi che si incontrano, si organizzano.
Ancora non sono state diffuse cifre ufficiali, ma l’adesione a questa giornata proclamata dai sindacati di categoria Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda, cui si sono aggiunti i Cobas è stata altissima. Davvero ridicoli alcuni media che come prima notizia danno quella della moglie di Renzi che non ha scioperato o interviste a un insegnante che critica sia la legge che lo sciopero. Oppure dedicano alla ministra Giannini l’onore di una intervista per dire che si tratta di uno sciopero “politico”, nella migliore tradizione delle forze conservatrici, antisindacali. Da segnalare anche il comportamento delle televisioni, non c’è una diretta ma qualche dibattito in studio sullo sciopero. Ma c’è ampio spazio per l’arrivo del premier a Bolzano, si interrompe un programma per dare spazio, in diretta, al presidente del Consiglio. Anche questa, diciamo indifferenza, per una giornata di scioperi e manifestazione che vede in piazza centinaia di migliaia di persone è un segno della forza di questa protesta non fine a se stessa ma per proporre davvero una “buona scuola”. Roma, Milano, Palermo, Catania, Aosta, Bari, Cagliari strade piene di cortei colorati, bandiere, striscioni, slogan, cortei che parlano di una scuola da cambiare profondamente, una “scuola buona davvero”. “Uno sciopero il più grande di sempre”, affermano i dirigenti dei sindacati alla guida dei cortei. Non solo, dopo sette anni anche uno sciopero unitario.
Uno striscione dell’Unione studenti calato dal Pincio: “La scuola nelle nostre mani”
A Roma gli organizzatori parlano di centomila persone in corteo da Piazza della Repubblica a Piazza del Popolo, una piazza delle “grandi occasioni”. Il corteo è stato preceduto da alcuni flash mob degli studenti. Uno striscione è stato calato dal Pincio dalla Unione degli studenti. Un benvenuto da parte dei giovani – dice Danilo Lampis – a insegnanti, genitori, personale Ata, a tutta la cittadinanza. “Uno striscione -prosegue il coordinatore nazionale dell’Unione studenti – che descrive la voglia di protagonismo che attraverserà tutta la giornata, riassunta dallo slogan ‘nelle nostre mani’. Questo ddl – prosegue – propone un modello di scuola autoritario, succube dei privati, che legittima le disuguaglianze invece che abbatterle. A nostro avviso rispecchia l’idea di Paese propria del Governo e ripropone lo svilimento della democrazia che abbiamo visto concretizzarsi sempre più in questi mesi, ponendo il ricatto dei tempi e delle assunzioni per impedire una puntuale discussione della riforma e proponendo deleghe in bianco sui temi più fondamentali.”
Con i dirigenti dei sindacati della scuola, Pantaleo (Flc Cgil) che conclude la manifestazione di Roma, c’è anche Susanna Camusso, segretario generale della Cgil la quale afferma che “si trasforma la scuola in una scuola che vale solo per quelli che hanno condizioni agiate, mentre invece il grande tema è quello di una scuola pubblica che contrasti la dispersione”. In piazza a Milano il segretario generale della Cisl Furlan: “Questa riforma l’ho letta bene, non mi piace”. Barbagallo, segretario generale della Uil, ha affermato che la scuola italiana “non ha bisogno di podestà”, ma di essere “pubblica, libera e democratica”. Da parte dei Cobas, che manifestano sotto la sede del ministero dell’Istruzione, si afferma che “è il più grande sciopero della storia della scuola italiana, è la prima volta che i sei principali sindacati scioperano insieme”. Presenti alla manifestazione di Roma Stefano Fassina e Pippo Civati che con D’Attorre hanno sottoscritto una lettera aperta in cui sottolineano l’impegno a cambiare la riforma. Dice Fassina riferendosi al ruolo dei presidi, “la scuola non può essere una caserma con un capo che comanda”. Una vivace discussione c’è stata fra l’esponente della sinistra del Pd e alcuni insegnanti, i quali hanno accusato le minoranze del Pd di una “scarsa opposizione” all’interno del Pd sulla riforma della scuola. Fassina ha risposta rivendicando il suo impegno e quello di esponenti delle minoranze contro le politiche del governo: “Quello che devo dire sulla scuola e le vostre lotte le condivido tanto che sono qui”. L’episodio è stato colto dai soliti occhiuti giornalisti che gli hanno chiesto un commento: “Giustamente – ha affermato – qui c’è gente arrabbiata con il Pd”, risponde alle sciocchezze dette dalla ministra Giannini: “Questo è uno sciopero non politico, perché la politica non rappresenta più nessuno, perché il Pd ha tradito i suoi impegni elettorali e ha fatto una riforma della scuola lontanissima dalla nostra cultura politica”. E dal Pd, a conferma di quanto affermato da Civati, arriva l’immancabile sottosegretario Davide Faraone, una specie di guardaspalle del premier, il quale chiude proprio su un punto qualificante della piattaforma sindacale, il ruolo dei presidi, la libertà dell’insegnamento. “Sul ruolo del dirigente scolastico il governo non torna indietro. Abbiamo rafforzato sì il ruolo del collegio dei docenti e del consiglio d’istituto, ma il ruolo del preside-sindaco non è in discussione”. Cvd, come volevasi dimostrare, se ce ne fosse stato bisogno.
“Il Governo non può e non deve ignorare il grido di protesta proveniente dal mondo della scuola che si è mobilitato per protestare contro una riforma che presenta molti aspetti critici – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef – dalla stabilizzazione dei precari alla nuova figura del preside ‘solo al comando’, all’incertezza sul percorso da intraprendere per chi, oggi, vuole diventare insegnante”.
Alessandro Cardulli
da jobsnews.it