Non c’e’ bisogno di una laurea magistrale in giurisprudenza, è sufficiente aver seguito con una minima diligenza le lezioni di educazione civica alle scuole medie per conoscere e capire i poteri, le funzioni e le competenze della Corte Costituzionale. Tale sede giurisdizionale viene adita per ottenere una pronuncia sulla coerenza costituzionale di un qualsiasi provvedimento legislativo. Se la Corte assumesse il ruolo di fiancheggiatore ovvero di oppositore dell’esecutivo verrebbe semplicemente meno alla propria natura.
Per tali motivi le dichiarazioni del Ministro Padoan sulla sentenza “pensioni” lasciano esterrefatti; l’anziano economista “censura” la Corte perché si sarebbe espressa senza tener conto dell’impatto della sentenza sulle finanze pubbliche ed attenendosi esclusivamente ai profili di costituzionalità della legge.
Ciò nondimeno il merito della questione era di chiarezza disarmante e la Corte già in precedenza aveva inequivocabilmente ammonito affermando che in momenti di emergenza il Governo può adottare misure straordinarie ma debbono avere un traguardo temporale definito e, soprattutto, non debbono avere carattere strutturale ed avere, quindi, conseguenze per “sempre”.
Perché queste considerazioni sono state ignorate dagli Esecutivi da Monti in poi? Per approssimazione, ignoranza o arroganza? Probabilmente per un insieme di tutto ciò.
E, soprattutto, si poteva fare altrimenti per affrontare una tanto epocale crisi? Probabilmente sì.
E’ un fatto che dal 2011 in poi si è distrutto il ceto medio nel nostro Paese ma è un fatto anche che la vera ricchezza non è stata mai toccata. Il patrimonio degli Italiani supera gli 8000 miliardi di euro e non ha subito nel periodo di crisi un significativo ridimensionamento; si è assistito invece ad una sostanziale concentrazione di ricchezza per cui quasi il 50% delle risorse complessive sono nelle disponibilità di meno del 10% delle famiglie.
In tale contesto, cosa ha indotto il buon Ministro a dichiarazioni tanto avventate? Probabilmente è stato contagiato dal virus che da tempo circola nei Palazzi del potere: quello della rottamazione.
I Partiti hanno dato pessima prova di sé? Si rottamino!
I Sindacati non hanno svolto al meglio il proprio ruolo? Si rottamino!
Il Parlamento non funziona la meglio? Si rottami il Senato!
Il “porcellum” è un sistema iniquo e squilibrato? Si rottami e lo si sostituisca con un sistema ancora più iniquo e squilibrato!
Le autonomie locali sono poco controllabili? Lo Stato accentra poteri importanti, come l’ambiente, e lascia agli Enti locali la gestione, controllando strettamente i flussi finanziari!
E la scuola? La si mette in mano a pochi dirigenti scolastici, molto controllabili, con buona pace della libertà di insegnamento!
Esiste un filo logico in questo fervore iconoclasta? Certamente, si presenta all’orizzonte un modello di società in cui il cittadino è chiamato a scegliersi un “leader” dopodiché, per l’intero periodo che manca alle successiva elezioni, non deve più interessarsi della “res pubblica”, di cui si occuperà, con pieni poteri e senza ulteriori fastidi, il “leader” prescelto; poi si finge di meravigliarsi e di fatto poco importa la percentuale, sempre crescente, di astensione; ciò che conta è la percentuale della “vittoria”.
Manca ancora all’appello il terzo potere dello Stato: quello giudiziario. Questione delicata che va presa alla lontana ma tanto vale cominciarne a parlarne, magari criminalizzando la Corte Costituzionale, per arrivare ça va sans dire alla sua rottamazione.
Un modello forse allettante, certamente leaderistico e plebiscitario, ma che non ha nulla a che spartire con la Società che la Carta Costituzionale ha disegnato per il nostro Paese, anzi ne rappresenta la più palese negazione.
Rispetto a questo scenario c’è bisogno di una grande presa di coscienza collettiva almeno per chi ama questa Costituzione o più semplicemente pensa che sia il modello più avanzato di democrazia.
Per altro quello a cui assistiamo è un grande cantiere politico-istituzionale dal quale è assente un tema di stringente interesse per la gente: l’economia.
Il Ministro Padoan recentemente, in un’intervista, ha lanciato un allarme sul debito pubblico sostenendo che l’instabilità della Grecia potrebbe provocare un’ondata speculativa sul nostro debito capace di precipitarci nelle stesse condizioni di quello sfortunato Paese, c’è fa chiedersi se sia lo stesso Ministro che, sino a pochi giorni prima, affermava incredibilmente che la situazione del debito era sotto controllo, come se fosse una variabile indipendente.
Non è stato un errore, a partire dal 2011, prestare maniacale attenzione al disavanzo e snobbare il problema di un debito che continuava a crescere portandoci a livello di Stati del sud-America?
Forse il problema del debito è un problema troppo grosso per “statisti” troppo piccoli!
E il modello di sviluppo proposto? Quello degli anni ’60, strade, viadotti, trafori, ma niente green economy, risanamento del territorio, tecnologie.
Gli unici provvedimenti adottati sono stati smaccatamente assistenziali: gli ormai troppo vantati 80 euro e il decreto emanato della sentenza sulle pensioni.
Ma se i dieci miliardi (all’anno) che costano gli “80 euro” fossero stati utilizzati per un credibile piano di sviluppo non ne sarebbe tornata una maggiore utilità proprio per chi nel nostro Paese soffre di più come coloro che sono senza lavoro? Ma per fare questo ci vogliono capacità, creatività e coraggio.
L’impressione che ne traggo è quella di essere spettatore di un’infinita fiera degli inganni, ovvero al parco di Disney.