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PRIMO MAGGIO: anche i giornalisti hanno pagato un prezzo pesantissimo in termini di occupazione

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Le riflessioni sul mercato del lavoro, che da sempre accompagnano la Festa dei lavoratori, non possono non riguardare anche il settore editoriale. I giornalisti, come altre categorie di lavoratori italiani, hanno pagato un prezzo pesantissimo in termini di occupazione. Il trend al ribasso, purtroppo, non si è fermato. Fra pensionamenti, prepensionamenti e licenziamenti, individuali e collettiivi, nel 2014 sono andati persi più di mille posti di lavoro. Il numero dei giornalisti occupati è sceso sotto le 16mila unità: nel 2008 erano poco al di sopra di 19mila. Le 200 assunzioni registrate fra dicembre 2014 e febbraio 2015, incentivate dagli sgravi contributi messi in campo dal governo nell’ambito dell’accordo sottoscritto con Fnsi, Fieg e Inpgi, non servono a invertire la tendenza. Peraltro, questo timido segnale di ripresa potrebbe esaurirsi se il governo dovesse confermare, come ha già annunciato, la cancellazione degli incentivi stanziati per la ripresa dell’occupazione nel mercato editoriale. Sarebbe un colpo pesantissimo ad un comparto e ad un mercato del lavoro che faticano ad uscire dalla lunga congiuntura negativa, ma soprattutto sarebbe la negazione degli accordi già sottoscritti. I 21 milioni di euro di sgravi sottratti al mercato dell’occupazione giornalistica avrebbero significato almeno mille nuovi posti di lavoro. Questa era la stima fatta dalle aziende dell’area Fieg, che – salvo un’auspicabile marcia indietro da parte del governo – saranno adesso costrette a rivedere i loro piani.

Con i 21 milioni sottratti all’occupazione, il governo intende rimpinguare il fondo per l’editoria destinato ai giornali di partito e in cooperativa, lasciando che le aziende editoriali che vogliono assumere si avvalgano degli sgravi previsti nella fiscalità generale. L’operazione è inaccettabile per due ragioni. La prima è che non si può pensare di sostenere una parte importante di un comparto – i giornali di partito o editi da cooperative – sottraendo risorse, peraltro già stanziate, ad un’altra parte. La seconda ragione è che il fondo per gli sgravi previsto nella fiscalità generale è disponibile fino ad esaurimento e le aziende editoriali rischiano di arrivare quando tutte le risorse saranno state già impegnate.

Fermo restando che le aziende editoriali devono fare la loro parte, ripensando i prodotti, rimettendo in moto gli investimenti e prendendo atto che la rivoluzione digitale ha cambiato gli stili di vita degli utenti, ma ha anche accresciuto la domanda di informazione qualificata, dal governo ci si attende un atteggiamento diverso e responsabile. Il sindacato dei giornalisti non ha alcuna nostalgia delle stagioni dei finanziamenti a pioggia, che tanti disastri hanno prodotto nel mercato del lavoro, generando spesso occupazione fittizia. E’ però necessario riflettere insieme con gli editori e con il governo su come affrontare la fase attuale, in cui molte aziende sono impegnate a concludere processi di ristrutturazione avviati negli anni della recessione, e su come – insieme – si possono rilanciare il settore e l’occupazione. L’informazione è un bene primario della democrazia e, come tale, merita l’attenzione e il sostegno del governo al pari di quanto avviene negli altri Paesi europei. In tempi di spending review, occorre utilizzare le risorse in modo rigoroso e selettivo, incentivando chi investe in innovazione, crea occupazione regolare e si sforza di fornire un’informazione di qualità. Il discorso deve riguardare, ovviamente, l’intero comparto, dal quale non può essere certo esclusa l’emittenza. Editori e giornalisti devono stringere un patto sulla qualità e sulla buona occupazione. La lotta al precariato, una piaga diffusa che offende la dignità di molti giornalisti, giovani e meno giovani, va combattuta immaginando percorsi di inclusione nel perimetro contrattuale di quanti, pur facendone di fatto parte, si vedono negare qualsiasi forma di tutela, ma anche costruendo una rete di servizi, di assistenza e di welfare per i giornalisti non contrattualizzati. E’ un progetto ambizioso, ma possibile. A patto che tutti, a cominciare dal governo, facciano la propria parte e si assumano fino in fondo le proprie responsabilità. Buon 1° maggio.


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