Di Andrea R Catizone
ROMA – L’armonia che si genera tra governati e governanti passa anche attraverso l’affidamento che i primi fanno nei secondi. Una fiducia tanto più diretta e limpida, tanto maggiore è il livello di interpretazione e di traduzione in opportunità che le istituzioni riescono a fare delle istanze e dei bisogni che provengono dai cittadini.
E’ ormai evidente che risponde ad un principio di giustizia sociale e di eguaglianza dei diritti dare a tutte le persone un riconoscimento giuridico alla propria situazione personale e privata senza che vi sia un preventivo giudizio etico e morale sulle ragioni di quella unione. Del resto sacrificare le ragioni di diritti fondamentali a quelle di una fede religiosa, qualunque essa sia, allontana irrimediabilmente dalla realizzazione di una laica e giusta concezione dello stato, indebolendo e ferendone le radici e le fondamenta. Se la supremazia della fede diventa il principio ispiratore attraverso il quale giudicare la fattibilità o meno di una norma o di una riforma che metta al centro il diritto di eguaglianza ( sancito non solo nella nostra costituzione, ma in ogni trattato internazionale), ecco che allora saremo ogni volta spazzati via da altri aleatori movimenti di credenze, di opinioni, di pensieri che non trovano una spiegazione nella ragionevolezza, nella generalità e nella saggezza del Diritto.
Non si può -dopo l’esito del referendum sui matrimoni gay nella cattolicissima Irlanda- non provare vergogna di appartenere ad uno Stato che nella sua legislazione ritenga di anteporre le ragioni della fede a quelle del diritto ad essere eguali davanti alla legge. Questa idea di uguaglianza passa necessariamente attraverso il concetto di diversità di cui l’essere umano è il supremo testimone ed interprete e le cui ragioni intime e personali non debbono essere indagate da alcuno: l’unico limite che si possa accettare all’esercizio di questo diritto è quello della piena armonia con altri principi e diritti che assicurano la convivenza degli esseri umani nel rispetto reciproco.
Negare l’esistenza giuridica a una fetta sempre più consistente di cittadini che hanno il diritto di esercitare liberamente il proprio orientamento sessuale senza per questo ricevere una punizione da uno stato etico, è sintomo non solo di ottusità, ma di presunzione da parte di governanti che trasformano sempre più i governati, da cittadini a sudditi chiamati ad assolvere solo ai loro doveri -per esempio pagare le tasse-, senza un riconoscimento dei loro personali e fondamentali diritti.
Non si può aspettare ancora oltre a dare dignità a quelle relazioni fondate sull’amore, quale che esso sia. Penso al dolore di quella mia amica che dopo 40 anni di convivenza non ha potuto neanche recuperare gli oggetti personali della persona che ha amato, scomparsa improvvisamente in ospedale. Lei è diventata in un attimo una perfetta estranea, senza un ruolo e dei diritti riconosciuti, costretta anche a lasciare la casa in cui avevano costruito la maggior parte della propria esistenza perché subentravano eredi legittimi. Parenti sconosciuti che nulla avevano condiviso con quella persona alla quale lei aveva tenuto la mano fino all’ultimo respiro.
La distonia goveranti/ governati ha finora determinato la negazione di questi diritti fondamentali. E’ una brutta pagina che si spera, dopo il voto irlandese, sia al più presto superata in Italia.