La pura felicità della sottomissione

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“Quando il governo viola i diritti del popolo, l’insurrezione, per il popolo e per qualsiasi porzione del popolo, è il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri”, conciona nei comizi Marine Le Pen appellandosi a un articolo della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1793. La Francia è allo sbando, travagliata dalla crisi economica e politica. Serpeggia nel popolo una “sorta di disperazione soffocante, radicale, attraversata qua e là da bagliori insurrezionali”. Non è possibile formare una maggioranza di governo tra le spinte opposte dell’estrema destra Identitaria e della sinistra in irreversibile dissoluzione. Nell’estrema incertezza delle imminenti elezioni presidenziali, Mohammed Ben Abbes lancia il movimento della “Fratellanza musulmana”, raccogliendo in breve tempo il massimo dei consensi e salendo democraticamente all’Eliseo. Michel Houellebecq nel suo romanzo “Sottomissione”, dipinge con felice ispirazione e seducente verità lo scenario di cui siamo già attori, scandendo capitolo dopo capitolo le tappe di una rivoluzione incruenta quanto inarrestabile attraverso la quale l’Islam si impadronisce del Paese.

Siamo nel mese di maggio di un anno molto prossimo al nostro. Il protagonista, François, è un intellettuale alla deriva: docente universitario, apprezzato specialista di Joris-Karl Huysmans fin dall’imponente tesi di dottorato, è ormai giunto per età e carriera a un punto morto della sua esistenza, e la condizione personale in cui si dibatte rispecchia fedelmente la disgregazione più vasta della civiltà occidentale, nella quale l’Europa stessa sta naufragando. Non sposato e con scarse attese di felicità, proiettato verso un desolante futuro di solitudine, trascina la vita intrecciando con le sue studentesse storie effimere che durano lo spazio dei pochi mesi di corso. D’altro canto le coetanee con i loro “corpi che avevano subito danni irreparabili, natiche e seni ormai ridotti a superfici di carne smagrita, rinsecchita, moscia e cadente”, riuscirebbero solo ad aggravare la sua coscienza di disfacimento. E quando anche l’ultima fiamma, la bellissima Myriam – “ogni suo pompino avrebbe potuto giustificare in sé la vita di un uomo” – preoccupata per il precipitare della situazione politica lascia la Francia per riparare in Israele, François scivola in una specie di insanabile anoressia emotiva. Neppure le avvenenti mercenarie, a volte anche in coppia, che recluta sui siti porno, riescono a rianimarlo.

“Per l’uomo, l’amore non è altro che gratitudine per il piacere che gli viene dato, e nessuno mi aveva dato tanto piacere quanto Myriam”. Intanto implacabilmente l’Islam dilaga in ogni organismo della nazione, grazie al fiume di petrodollari che riportano rapidamente in equilibrio i conti economici. Sin dall’apertura dell’anno accademico L’Unione degli studenti ebrei di Francia non è più rappresentata in nessun campus della regione parigina, mentre la sezione giovanile della Fratellanza musulmana moltiplica un po’ ovunque la sua presenza; e al rettorato della Sorbona-Parigi III si annuncia l’arrivo di Robert Rediger, cattedratico famoso per le sue posizioni filopalestinesi. Nel tentativo di sottrarsi al malessere che lo avvelena, François cerca rifugio in provincia, a Rocamadour, dove un ex collega con un passato nei servizi segreti gli chiarisce senza mezzi termini la natura della trasformazione in atto: “Il vero nemico dei musulmani, quello che temono e odiano più di qualsiasi altro, non è il cattolicesimo: è il secolarismo, la laicità, il materialismo ateo. Per loro i cattolici sono dei credenti, il cattolicesimo è una religione del Libro; si tratta solo di convincerli a fare un passo in più, e convertirsi all’Islam: è questa la vera visione musulmana della cristianità, la visione originaria.” Quando torna a Parigi tutto è ormai avvenuto in apparenza senza scosse, a parte qualche breve black out delle emittenti TV e, in un’aerea di servizio, la visione di alcuni morti ammazzati per un’incursione sanguinaria. La città appare vuota e silenziosa, ogni tensione è sparita, ogni allarme terroristico dissolto come per incanto; nel nuovo regime non c’è più posto per nessuna forma di criminalità, di disordine, di protesta popolare.

Regna una quiete composta. Le ragazze non mostrano più le gambe, tutte indossano il velo, i pantaloni, e una comoda casacca che impedisce ogni possibile provocazione sessuale. Il docente è convocato dall’amministrazione dell’università per il collocamento a riposto anticipato; in cambio riceverà una lauta liquidazione e una pensione più che decorosa. Decaduto anche dal suo ruolo, gli rimane ora unicamente l’attesa della morte. Ma all’improvviso il suo stato di avvilente inutilità muta imprevedibilmente. L’ossequioso responsabile  della Pleiade gli propone di curare l’edizione critica dell’opera omnia di Huysmans, compimento luminoso della sua carriera. E parallelamente gli giunge l’invito per la cerimonia d’insediamento di Rediger, il nuovo rettore di irresistibile carisma che lo circonda di amabili attenzioni. Il raffinato personaggio in un successivo incontro privato nella propria lussuosa abitazione – la dimora storica di Rue des Arenes, già appartenuta al celebre accademico di Francia Jean Paulhan, – lo intrattiene sugli impareggiabili vantaggi del sistema teologico e politico dell’Islam in cui ogni individuo trova la propria autentica realizzazione. A iniziare dalla sfera sessuale, avendo l’uomo la possibilità di sposare più mogli, anche giovanissime, come la splendida sedicenne che si mostra fugacemente al fianco di Rediger: “E’ Malika, la mia prima sposa”. Creature dolci, garbate, devote, capaci di prendersi cura del maschio in una logica incontrovertibile: “L’idea sconvolgente e semplice che il culmine della felicità umana consista nella sottomissione più assoluta. La medesima sottomissione dell’uomo a Dio come la contempla l’Islam.” Il rettore gli offre di rientrare nei ranghi accademici dove c’è assoluto bisogno di studiosi della sua statura, un incarico di minimo impegno per il quale verrà remunerato principescamente, come merita. “Credo che non mi fosse mai successo di sentirmi così desiderabile”. Annota François, consapevole che una semplice conversione gli spalancherebbe l’opportunità di una seconda vita; e conclude convinto: “Non avrei avuto nulla da rimpiangere”.


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