Ho sentito la necessità di scrivere due righe perché mi sento colpita su più versanti da quanto è successo con una pubblicità accusata di sessismo. Avevo deciso di ingoiare ancora un rospo perché spesso quando si grida al sessismo lo si fa convinti di essere sempre dalla parte giusta, perché essere donna dà il diritto di sentirsi offese a-priori. La rivelazione che sto per farvi ha invece il suono di uno scoppio di miccetta nell’androne di un palazzo antico: sono una donna e spesso a offendermi sono i sedicenti gruppi femministi.
Sono una donna, lavoro in pubblicità, conosco direttamente la coppia creativa che oggi è sotto accusa ed è questo che mi fa sentire direttamente coinvolta su più lati da quanto è successo con una pubblicità recentemente, e non so nemmeno se vale la pena parlare della pubblicità in questione e delle paladine del buongusto e della difesa di genere perché quanto succede oggi con questi protagonisti succederà di nuovo domani, ed è successo anche ieri o l’altro ieri con altri protagonisti ancora. Il motivo per cui ho deciso di commentare non è per prendere le difese di qualcuno, che conosco direttamente e sulla cui correttezza morale oltretutto punto ogni centesimo sicura di non perdere, ma è per prendere le distanze da chi in nome di un’autorità discesa dall’alto, si fa portavoce di un pensiero retrogrado e accecato come succede a tutti gli ideali quando diventano ideologie.
Non voglio vivere in un mondo dove solo le donne possono parlare delle donne, dove si cede al primo impulso senza cercare di evolversi e di guardare le cose al di fuori di un unico punto di vista perché da tempo ho imparato che a cercare ostinatamente qualcosa, anche dove non c’è, alla fine la si trova ma si corre il rischio di perdere tutto il resto, la lucidità per esempio.
Mi piacerebbe moltissimo spiegare a chi ha fatto del fanatismo la sua arma di distruzione di massa, che molto spesso si conosce soltanto una piccolissima parte della storia e che se si cercasse una spiegazione prima di prendere il forcone si correrebbe persino il rischio di comprenderla, qualcosa. Ma capisco che è molto più comodo restare arroccati sulle proprie convinzioni invece che mettersi in discussione o tornare sulle proprie posizioni. D’altra parte che importanza può avere mettere a rischio il lavoro, o il posto di lavoro, di qualcuno che si è deciso essere il nemico? E cosa succederebbe se queste sedicenti femministe venissero a sapere che a rischio è, per esempio, il posto di lavoro proprio di una donna? Che quella immagine tanto osteggiata è stata costruita da una donna? E che, per esempio, in tutta questa storia la sola cosa offensiva è l’interpretazione che ne hanno dato loro, le paladine del genere? Non sono domande che evidentemente attraversano l’anticamera di qualche pensiero, prima di prendere decisioni.
Almeno non parlate a mio nome, per favore. Esiste, infatti, una parte di mondo che pur vedendo un punchingball con delle mutandine di pizzo, riesce a non distorcere il messaggio che accompagna l’immagine, strumentalizzandolo. Io faccio parte di quella maggioranza di donne che oltre alle quotidiane battaglie contro il VERO sessismo si ritrova a dover fronteggiare anche quei, pochi per fortuna, gruppetti di fanatismo puro che fanno più danni di quanto bene immaginino.