Il clamoroso “gesto simbolico” di don Ettore Cannavera, tra i maggiori riferimenti italiani per la giustizia minorile, che ha lasciato il penitenziario di Cagliari. “Sistema inefficace, derivato da quello degli adulti e basato solo sulla custodia contenitiva”. Lettera a Orlando: “Chiudiamoli”
ROMA – “Lascio perché non voglio essere più complice di un sistema che non condivido”. Con queste parole don Ettore Cannavera, cappellano dell’Istituto minorile di Quartucciu, in provincia di Cagliari, motiva le sue dimissioni dopo 23 anni di servizio al fianco dei ragazzi. Una decisione sofferta e a lungo ponderata, ma ormai inevitabile, dopo il declino dell’Istituto sardo negli utlimi due anni. Ma anche un gesto simbolico, per sottolineare l’inadeguatezza del sistema penitenziario minorile italiano “impostato solo sulla custodia dei ragazzi e non su una visione realmente pedagogica e rieducativa”, spiega. Per questo le sue dimissioni sono destinate a far discutere. Storico esponente del mondo del sociale e da oltre quarant’anni uno dei punti di riferimento in Italia sui temi della giustizia minorile, Cannavera è anche il fondatore della comunità La collina di Serdiana, in provincia di Cagliari, che permette il reinserimento dei minori che hanno avuto problemi con la legge.
Le dimissioni da cappellano, sono state presentate il 12 maggio ma don Ettore continuerà il suo servizio fino a fine mese, quando sarà nominato il suo successore. “Non è stato facile per me, dopo ventitré anni, prendere questa decisione, ma ho dovuto farlo – spiega -. Innanzitutto per lo stato di abbandono in cui versa l’istituto di Quartucciu da due anni, da quando, cioè, è stato allontanato il direttore Giuseppe Zoccheddu – continua – . Da allora ho deciso di diradare gradualmente la mia presenza perché non riuscivo più a riconoscervi un luogo dove si svolga quell’opera di recupero educativo e di reinserimento sociale che la nostra Costituzione attribuisce alla pena. Nel nostro carcere minorile si pratica una pedagogia penitenziaria che non riesco più a condividere”.
La struttura di Quartucciu, nata ai tempi della stagione del terrorismo in Italia, è secondo Cannavera “inadeguata per i minori perché troppo grande e pensata per gli adulti, ma anche perché ormai è mal gestita – continua -. Non c’è più una direzione locale, periodicamente viene un dirigente da Roma a controllare ma niente di più. Ai ragazzi non viene offerta una reale risposta educativa, sono parcheggiati lì per qualche giorno in attesa di essere affidati a una comunità”. Anche i trasferimenti da un istituto all’altro derivano da “motivi disciplinari o di sovraffollamento e non da un progetto educativo – denuncia il cappellano -. I ragazzi sono trattati come pacchi da destinare a una collocazione più contenitiva, e si trascura di instaurare con loro una relazione educativa che sia di cura”.
Prima di arrivare alle dimissioni Cannavera aveva inviato, il 7 maggio scorso, una lettera-appello alle istituzioni: dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, alla direttrice del Dipartimento di Giustizia minorile, Annamaria Palma Guarnier fino alla presidente della Camera Laura Boldrini e alcuni senatori della Repubblica, tra cui Luigi Manconi. “Il carcere minorile in Italia è un’istituzione che non ha più senso di esistere – afferma don Ettore -. In molte nazioni non c’è perché si è compreso che sono altre le risposte che si devono dare ai ragazzi che hanno commesso un reato. Mentre il nostro ordinamento minorile è identico a quello degli adulti, e per questo inefficace – spiega -. Ma oltre a non servire è anche molto costoso: un minore in carcere costa 1000 euro al giorno, un minore in comunità 600 euro al mese”.
Secondo don Ettore dunque gli istituti minorili andrebbero chiusi. Mentre il sistema di rieducazione dovrebbe basarsi sulle comunità di accoglienza, in cui portare avanti percorsi di reinserimento sociale pensati per i ragazzi. “Solo così si potrebbe abbattere davvero la recidiva – aggiunge -. Sono cose che ho detto e ripetuto continuamente, ma non ho ricevuto risposta. Ho deciso di fare questo gesto simbolico, quindi, anche per chiedere un intervento delle istituzioni, innanzitutto del ministro Orlando. Sono anni che si parla di impostare in maniera diversa il sistema ma niente si muove, con la conseguenza di uno spreco di risorse finanziarie e umane”. (ec)