“Il settore sta soffrendo – ha ribadito il segretario Fnsi – non è fuori dalla crisi. Bisogna occuparsi di come portare a conclusione i processi di ristrutturazione e dell’innovazione che deve andare di pari passo con l’occupazione”.
Il discorso si è poi spostato sulla riorganizzazione delle convenzioni con le agenzie di stampa. “Abbiamo ottenuto che vengano ammesse alla convenzione con lo Stato le aziende che hanno almeno 50 giornalisti assunti ex articolo 1. Adesso aspettiamo di capire – ha spiegato Lorusso – come il Governo intende garantire la tipicità di alcune agenzie”.
“È impensabile -ha aggiunto ancora il segretario – replicare i modelli del passato, con bilanci aziendali in gran parte costituiti da finanziamenti pubblici”.
In merito poi alla riforma dell’Ordine, Lorusso ha evidenziato come sia “necessario mettere mano alla riforma della legge ordinistica, concepita nel 1963, quando esisteva in pratica solo la Rai, quando non esisteva la rete e c’erano pochissimi giornali che, fortunatamente, all’epoca pagavano bene”.
“È una legge – ha detto Lorusso – che appartiene ad un altro mondo e andrebbe sicuramente aggiornata: andrebbe rivisto con urgenza l’accesso alla professione perché è impensabile che questa sia l’unica professione in cui esistono canali d’accesso molteplici e che qualcuno illuda soprattutto i più giovani che in Italia c’è un mercato del lavoro capace di assorbire 120mila persone, tanti quanti sono oggi gli iscritti all’ordine”.
“E poi – ha concluso Lorusso – ci sono i 50mila iscritti all’Ordine che non hanno una posizione previdenziale, nonostante esista una legge dello stato che obbliga tutti coloro che svolgono la professione, anche come collaboratori, ad avere una posizione previdenziale: se uno non ce l’ha o si rende colpevole del reato di evasione contributiva oppure non lavora e se non lavora va cancellato dall’albo, come prevede la legge, perché inattivo.”.
“Altro problema – ha detto infine Lorusso – è quello dell’utilizzo dei prepensionati e dei pensionati: per pagare le pensioni servono lavoratori attivi: se chi esce dal mercato del lavoro ci rientra il giorno dopo con contratti di collaborazione, magari andando ad occupare la stessa scrivania che aveva prima, si crea un cortocircuito. Se manca il ricambio generazionale, salta il sistema perché si sottraggono posti di lavoro a chi quei posti potrebbe legittimamente occupare: tutto questo non possiamo più consentirlo”.