Diffamazione e cause civili, si istituisca un Fondo specifico a cura degli editori

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Censure, bavagli, attacchi e minacce ai giornalisti –da ultimo a Sandro Ruotolo, cui va espressa appassionata solidarietà- sono alcuni dei motivi per cui l’Italia veleggia nelle acque basse delle classifiche sulla libertà di informazione. Ci sono gli “editti bulgari” e gli interventi rudimentali, cui va aggiunto –però- il mondo sotterraneo delle querele. E già, perché il ricorso ai tribunali contro coloro che scrivono o raccontano verità scomode o poco compiacenti è l’”ultima moda” per mettere la museruola ai “cani da guardia”. Per compromettere ulteriormente l’equilibrio tra i poteri. Del resto, le hard news sono il sale del diritto a comunicare, non certo risolto dal pullulare di gossip e soft news. Purtroppo, la situazione sta degenerando.

La Federazione della stampa e l’Associazione romana hanno voluto lanciare un appello al Parlamento e agli editori, affinché vi sia un intervento immediato per sanare una piaga gravissima. Parliamo qui non tanto e non solo degli aspetti penali delle querele, quanto dei risarcimenti in sede civile. Chi si ritiene diffamato, infatti, predilige chiedere cifre esorbitanti per presunti danni morali piuttosto che agire in sede penale. Comunque, sempre in aggiunta. Il caso eclatante e clamoroso –purtroppo non l’unico, ovviamente- è quello de l’Unità, dove è in scena una vera e propria tragedia. Chiusa la testata, in attesa di un “salvatore” che potrebbe chiamarsi Veneziani (ma non è in corso una vertenza sindacale nei giornali del gruppo di riferimento?), di fronte ad atteggiamenti assai contradditori assunti nel tempo dal Partito democratico, l’unica certezza sono proprio le più di cinquanta cause civili contro una trentina di giornalisti. Con il coinvolgimento di vari direttori degli anni passati. Pignoramenti dei beni, blocchi dei conti correnti, condanne salatissime: 5/600 mila Euro in ballo.

Che fare? Intanto, come ha suggerito la Fnsi, si istituisca un Fondo specifico a cura degli editori, per venire incontro alle situazioni particolari che investono le testate le cui proprietà sono in stato di fallimento o di liquidazione. Non basta. E’ urgente introdurre nella normativa italiana un provvedimento specifico che garantisca i giornalisti nei casi in cui la propria azienda non sia più solvente. Le spese per le cause e le eventuali condanne non possono diventare un affare privato di chi ha svolto seriamente il proprio impegno professionale. Che sia il testo sulla diffamazione in corso di discussione presso la Commissione di merito della Camera o un altro disegno di legge o decreto in materia di giustizia, ma che si trovi il luogo istituzionale adatto. Ad horas, con la stessa velocità “futurista” con cui si affrontano altri temi.


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