Il tema del conflitto di interessi si accende e si spegne da vent’anni. E’ un argomento troppo serio e delicato per essere lasciato a tattiche contingenti. O a negoziati impliciti. Senza indulgere a pensieri troppo maligni, a leggere le ultime esternazioni della ministra Boschi il sospetto viene. Il mese di maggio apparve Maria… E perché, infatti, solo ora se ne riparla? E come mai un lungo sonno dell’attività parlamentare, dopo che la Commissiona affari costituzionali della Camera aveva istruito la discussione? Peraltro, sulla base di diversi testi: Civati, Bressa, Tinagli, Fraccaro (al Senato, tra gli altri, Mucchetti-Fedeli) non così diversi tra loro ma tutti, comunque, preferibili rispetto alla legge in vigore –Frattini, n.215 del 2004. Quest’ultima è debolissima e si ricorda per l’effetto grottesco di impedire a Fedele Confalonieri di sedersi a palazzo Chigi, dando paradossalmente via libera a Silvio Berlusconi.
E qui sta il punto. La ministra evoca ora il conflitto di interessi, ma perché nulla è stato fatto per accelerare l’iter del provvedimento, pur arrivato in Aula e lì rimasto solo per qualche ora? Per rovesciare l’invettiva della rappresentante dell’Esecutivo, che spara sulla Croce rossa dei vecchi dirigenti (colpevolissimi in materia di una ferita mai guarita, un vero peccato mortale), è d’obbligo spiegare come mai i tempi diventano stringatissimi –ai confini della legittimità- quando il Governo vuole. Lunghissimi in altri casi. Gli esempi sono numerosi ed evidenti. Quindi, si proceda davvero, se si ha l’intenzione. Alibi non ce ne sono. E la disillusione prende il sopravvento.
Certamente, risolvere una delle brutte piaghe italiane (altrove il rapporto tra democrazia e capitalismo è retto da regole più serie) è urgente. Tuttavia, ora è un doveroso rimedio, per colmare una brutta lacuna del e nel nostro ordinamento. Ma Berlusconi è meno potente e le sue aziende non navigano nell’oro. Sta all’opposizione e molto difficilmente risalirà la china. Per rammentare il contesto. Ovviamente, dire conflitto di interessi è parlare di molteplici casi, non solo di uno. Però, il baricentro a suo tempo stava proprio nella sovrapposizione tra il leader politico e il capo-azienda.
I media, la televisione in particolare, sono il più forte tra i poteri forti e condizionano come nient’altro l’opinione pubblica. Insomma, il capitolo andava chiuso nel momento della “discesa in campo”, meglio se attraverso un’estensione ai proprietari dei mezzi di informazione delle cause di ineleggibilità. Eravamo nel 1994/1995 e c’era chi lo proponeva assai autorevolmente, a partire dal compianto Sylos Labini. Nel quinquennio del centrosinistra 1996/2001 il conflitto di interessi venne messo in soffitta. Fu approvato un primo articolato alla Camera, rivelatosi fragilissimo. La riscrittura, più forte e decisa, fatta al Senato fu bloccata per l’opposizione della destra e le divisioni della sinistra. Nel 2000, ad un anno dalla fine della legislatura, fu data priorità alla riforma del Titolo V° della Costituzione. Come si dice, oltre al danno la beffa. Le conseguenze nefaste sono note. E’ stata minata la stessa credibilità del centrosinistra, che ancora ne paga le conseguenze. Da ultimo, il “patto del Nazareno” è sembrato muoversi su quella stessa linea. Perseverare non è diabolico? Adesso qualcosa è cambiato sul serio? Vedere per credere. Se si vuole, i numeri parlamentari ci sarebbero: già domani. Sappia la ministra Boschi che ha evocato non una semplice legge che non c’è, bensì una tragedia: la quale, come diceva il famoso marxista Marx, rischia di trasformarsi in farsa.