Chi ha ideato lo stato del terrore

0 0

Sarebbe un errore grossolano pensare, come pure ormai molti stanno facendo, che l’ISIS come stato del terrore sia nato dal fanatismo religioso o da qualcuno che non conosce il mondo reale con cui tutti abbiamo a che fare. Eppure è un errore che si sta ripetendo e che si trova con frequenza o su giornali e in canali televisivi che, in altri tempi, hanno avuto un peso notevole nella più larga opinione pubblica del nostro Paese. Perché non c’ è dubbio sul fatto che tutti siano stati colti di sorpresa dalla marcia che ha condotto un’organizzazione di terroristi legata in parte all’esperienza  precedente di Al Quaeda ma che in parte si è distaccata da essa, ha compiuto in questi ultimi mesi  conquistando in un primo tempo la Siria settentrionale e andando quindi a una conquista sempre più ampia dell’Iraq dopo la caduta della dittatura di Saddam.

E’ stato il settimanale tedesco Der Spiegel  a rivelare in un’inchiesta ripresa nel mondo da vari altri mezzi di comunicazione e che sono legati al progetto individuale concepito e spiegato in una serie di documenti dall’iracheno Samir Abd Muhmadd Al Khli fawi ex colonnello dei servizi segreti dell’aeronautica militare di Saddam Hussein che almeno in apparenza quasi nessuno conosceva. Il settimanale tedesco ha avuto accesso alle trentuno pagine che descrivono un’organizzazione stratificata e le sue linee guida, alcune già sperimentate, altre ideate apposta per la situazione di anarchia che si era creata nei territori siriani sotto il controllo dei ribelli terroristi. Alla fine del 2012 l’ira ìcheno Haji Bakr si stabilì in Siria come rappresentante di una sparuta avanguardia con un piano assurdo che era quello d’avere il controllo di una parte più ampia possibile di territorio siriano da cui lanciare la successi va invasione dell’Iraq.

Il piano generale si stabilì a Tal Rifaat a nord di Aleppo. A Tal Rifaat il “signore delle ombre”, un altro soprannome di Bakr, delineò la struttura del gruppo Stato islamico, compilando delle  liste che riguardavano l’infiltrazione graduale dell’organizzazione nei villaggi. Decise chi avrebbe controllato chi e con una penna tracciò le catene di comando nell’apparato di sicurezza, indicando con caselle ben definite le responsabilità individuali.

Così Bakr mise a punto uno schema per la conquista del potere. Non era un manifesto religioso ma un piano specifico per creare uno “stato di polizia islamico”, un califfato governato da un’organizzazione simile alla “Stasi”, l’agenzia di spionaggio della Germania Orientale. Haji Bakr aveva preparato delle li ste come questa: elencare le famiglie più potenti; individuare le persone più importanti di queste famiglie; scoprire la loro fonte di reddito;scoprire i nomi e le dimensioni delle brigate (ribelli)presenti  nel loro villaggio; scoprire i nomi dei loro leader,di chi controlla le brigate ed il loro orientamento politico; scoprire  le loro attività illegali (secondo la sharia) per poterli ricattare.

Le spie dovevano annotare se qualcuno era un criminale ,un omosessuale  e se aveva un amante per poterlo ricattare. I piani di Bakr tenevano conto anche di aspetti come l’economia, le scuole, gli asili ,i mezzi di informazione e di trasporto.

Ma i temi ricorrenti erano sempre gli stessi:sorveglianza, spionaggio, omicidi e rapimenti.  La sharia, le corti islamiche,la devozione obbligatoria. Tutto questo aveva un unico scopo:la sorveglianza e il controllo.  Fino alla fine del 2013 tutto è sembrato  procedere secondo i piani dello Stato islamico o quanto meno secondo quelli di Haji Bakr.

Il gruppo si espandeva senza in contrare resistenza da parte dei ribelli siriani che sembravano paralizzati di fronte al sinistro potere degli jiadisti. E nonostante il fatto che il suo ideatore sia stato ucciso  in una cittadina della Siria nel gennaio 2014. Ora che lo stato del terrore continua ad espandersi e in Occidente come in Europa i timori di nuovi attentati si succedono, molti si chiedono se qualcuno abbia preso il suo posto e tiri nell’ombra le file dell’espansione dell’ISIS in Siria o in Iraq (o altrove).


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21