L’appuntamento è a mezzogiorno. “Sabato alle 12, sia puntuale per cortesia” ammonisce dopo un paio di mesi di trattative a causa della sua fitta agenda di impegni Boris Pahor, nato a Trieste il 26 agosto 1913. L’incontro si svolge nel suo studio di Prosecco, frazione del comune di Trieste che evoca il celebre vino a cui ha dato il nome.
Lo scrittore ultracentenario più volte candidato al Nobel e autore di “Necropoli” arriva a bordo di un’utilitaria guidata da una sua fedele ex studentessa. Scende a pochi passi dalla porta, saluta senza troppe smancerie e affronta la duplice rampa di scale senza alcun tentennamento. Solo arrivato in cima fa una breve pausa per riprendere fiato prima di estrarre dalla tasca un aggrovigliato mazzo di chiavi. Ci mette un po’ ad aprire la porta che introduce al suo mondo fatto di libri, fotografie, riconoscimenti, sculture e ricordi. “Non trovo mai quella giusta, ma considerata l’età sono scusato” si schernisce lo scrittore sloveno di nazionalità italiana regalando un sorriso.
L’ambiente non è riscaldato, Pahor accende contemporaneamente un termosifone elettrico e le luci della grande stanza.
Inizia da qui il racconto di quello che l’uomo dal corpo minuto chiama il secolo “orrido”. Dalla sua testa vivace, intelligente e straordinariamente lucida emergono fluidi ricordi e aneddoti di una vita lunga e intensa: dal periodo buio e di stenti come deportato nel lager a tutto ciò di cui la civiltà del ventunesimo secolo non ha voluto tenere conto.
Cosa ricorda del periodo della prima guerra mondiale?
I cannoni che si sentivano ovunque sul Carso e lungo la frontiera. Trieste era disgraziata perché non si riusciva a trovare da mangiare. Ricordo l’epidemia cosiddetta “spagnola” che fece strage fra la popolazione. Io, mia mamma e le mie due sorelline fummo contagiati. Una delle due, Maria di soli 4 anni, ne fu vittima. La vegliammo nel nostro letto, fino a che rientrò nostro padre dal lavoro. Era militare a Pola, allora Italia (oggi in territorio croato ndr.) e non fu facile per lui rientrare a Trieste anche se non era un viaggio di molti chilometri. Ricordo come fosse ora il suo dolore quando la vide senza vita. Era la sua preferita, la chiamava con il vezzeggiativo “Mimiza”.
Lei era un bambino che immagini le sono rimaste del conflitto?
I colpi di cannone. La guerra la si sentiva nei muri: non proprio un rombo ma piuttosto un’eco che portava il rumore dei cannoneggiamenti. Una carneficina tremenda se si considerano le undici offensive delle truppe italiane contro la montagna. L’Italia fece l’errore di entrare in guerra con l’obiettivo di conquistare il territorio sloveno in modo da spingersi nel cuore dell’ Europa. Una strategia che allora non pagò. Solo molti anni più tardi nel 1941 le truppe italiane, alleate dei tedeschi, vi riuscirono arrivando fino a Lubiana.
Come definisce il Novecento?
Un secolo del male, orrido. L’umanità, e in particolare i popoli europei, ma non solo, ha sopportato la tragedia di due guerre mondiali. La civiltà del Ventunesimo secolo è schifosa, senza memoria, continua a comportarsi in spregio all’etica politica e sociale. II dolore dei bombardamenti, la fame, la negazione dell’uomo nei campi di concentramento: sembra che tutto ciò non sia servito a nulla, tutto rimosso e le nuove generazioni non sanno quanto le popolazioni nei diversi paesi hanno sofferto in una condizioni di fine del mondo. Oggi, proprio ai vertici dello Stato in Italia, ma anche all’estero, si scassina e si ladroneggia senza alcun riguardo per il bene comune e senza rispetto alcuno dell’etica.
Cosa la preoccupa di questa Europa?
Il conflitto in Crimea. L’Unione europea ha cercato di condannare la Russia nel tentativo di evitare lo scoppio di una nuova guerra ma se gli Stati Uniti dicessero ok sarebbe sicuramente guerra.
Come giudica la politica del premier Matteo Renzi.
Certamente è stato molto abile ad andare verso il centro senza pagare di proprio. Ha messo a rischio l’unità del suo partito e continua a farlo, ma di sicuro si muove con capacità e determinazione. Speriamo che non abbia però tendenze politiche univoche…
Le piace Papa Francesco?
Moltissimo anche se è in una posizione disgraziata. Come può pensare di cambiare nella sostanza la chiesa? Ha nominato nuovi cardinali, forse perché aveva bisogno di averne dalla sua parte. Si continuano però a vedere tutti gli aggeggi dei porporati, paramenti e simboli che ricordano la Chiesa del lusso, non quella dei poveri. Sono tutte posizioni di una elite, una casta che difficilmente potrà essere indebolita nei suoi privilegi a favore dei bisognosi.
7) Come trascorre il tempo?
Oggi non mi ritrovo più nelle mie giornate. Fino a poco tempo fa ero abituato a lunghe passeggiate sulle montagne dietro casa, un vero allenamento. Quando rientravo iniziavo a scrivere. Adesso continuo ad alzarmi di buon’ora e mi preparo la colazione e sono pronto per affrontare la giornata. Quello che è cambiato e che ora, non avendo un progetto di scrittura definito, non riesco ad essere sempre fedele alla macchina da scrivere. Ho appena finito un carnet in sloveno, un diario di 180 pagine dell’anno passato. Di fatto mi sento praticamente disoccupato.
Viaggia ancora molto però…
Non direi, dall’inizio dell’anno ho effettuati solo cinque viaggi.
Scusi professore ma lei ha la bellezza di 101 anni…
Anche questo è vero… (sorride ndr.). Vede però, per me spostarmi da Trieste a Prosecco richiede la stessa energia che partire per Parigi. Anzi, se viaggio in aereo, mi accompagnano in macchina e anche la mia borsa mi viene riconsegnata direttamente a destinazione. Non è dunque faticoso per me viaggiare. Io mi sposto solo per motivi culturali, non vado per sport o per piacere da nessuna parte. Pensi: non visito le città in cui vengo invitato, vedo solo il posto in cui intervengo, mangio e dormo. Poi riparto.
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