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Moby Prince, Presidente Renzi, un tweet, un sms, un quel che vuole, ma risponda

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Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, se vuole, può; se può, come ci insegna Primo Levi, deve. Alle ore 22 del 10 aprile 1991, un quarto di secolo fa!, il traghetto “Moby Prince” salpa da Livorno alla volta di Olbia. A bordo, tra passeggeri ed equipaggio, ci sono 140 persone. Poco dopo la partenza, inspiegabilmente, la “Moby Prince” entra in collisione con una petroliera; una petroliera che trasporta greggio, altamente infiammabile. E’ una strage, a parte un mozzo, muoiono tutti, di una morte orribile, tra le fiamme e il fumo acre, soffocante, che brucia i polmoni. Si salva solo un mozzo, che ha la prontezza, il riflesso, oppure l’istinto, di aggrapparsi a un cavo e penzolare nel vuoto, in attesa dei soccorsi. I familiari, da allora, ancora, chiedono verità e giustizia: due inchieste e due processi, in effetti, non sono bastati a chiarire cos’è accaduto. Angelo e Luchino Chessa, figli del comandante della “Moby Prince”, non demordono. Qualcosa di anomalo quella sera è certamente accaduto. Anomalo e non spiegato.

La tesi ufficiale parla di nebbia; si parla anche di una partita di calcio in televisione, che avrebbe distratto l’equipaggio… ma come spiegare che il my day è lanciato alle 22 e 26 minuti, e il traghetto viene individuato solo alle 23 e 35? Un comandante della Guardia di finanza, racconta di aver visto in rada imbarcazioni che movimentavano armi, operazione vietata di notte, e vicino a rotte commerciali. La testimonianza, consegnata e protocollata agli atti dell’inchiesta, inspiegabilmente sparisce dal fascicolo; e per quel che riguarda la nebbia: l’avvisatore marittimo, il pilota di porto, i militari di vedetta unanimi dicono che la petroliera era perfettamente visibile, che la serata chiara e limpida…

Dopo la collisione si registrano movimenti di altre imbarcazioni, si allontanano a grande velocità: chi erano quelle navi? Perché si trovavano lì? Perché fuggono senza prestare soccorso? Il processo si conclude due anni dopo la tragedia, con una assoluzione generale perché «il fatto non sussiste». La sentenza in appello è parzialmente riformata: gli eventuali reati sono prescritti. Una quantità di interrogazioni parlamentari, restano senza risposta…Resta il mistero, per questo i familiari chiedono la desecretazione di tutti gli atti. Potrebbe essere un passo decisivo per l’accertamento dei fatti, della verità. La richiesta è stata inoltrata a Palazzo Chigi. La risposta? Silenzio…


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