La notizia è l’approvazione, in prima lettura al Senato, della legge anticorruzione. “Scatta la linea dura”, Repubblica. “Falso in bilancio, torna il reato”, Corriere. “Pene fino a 8 anni”, Stampa. È un disegno di legge che porta i segni di un iter molto tormentato. Intercettazioni previste per il falso in bilancio ma non per le società non quotate. Il magistrato non potrà usare gli stessi strumenti della lotta alla mafia ma sono previsti sconti di pena per il corruttore che pentendosi restituisca il malloppo. Aumenti delle pene per mostrare la faccia feroce a uso dell’elettorato. comunque si tratta di un passo avanti e di una evidente inversione di tendenza.
“Attacchi nel cuore di Istanbul”, Corriere. Il 7 giugno si vota e la Turchia è una “democrazia illiberale”, come scrive Toscano sulla Stampa. Con l’AKP, partito islamico che si pretende “moderato” ma si è alleato con i peggiori islamisti siriani, con Erdogan che alimenta campagne maccartiste contro Fetullah Gulen e la sua denuncia della corruzione, con un giornale che scrive ieri “Il giudice è stato ucciso dalla gente di Gezi Park”, provando a travestire le vittime da carnefici. La donna armata uccisa, il blitz al tribunale con la polizia che ammazza terroristi e ostaggio, un uomo (armato) che mostra una bandiera islamica ma sciita da una finestra del AKP: si vota così in una democrazia illiberale.
“Le nuove caselle dell’esecutivo, prove tecniche di partito unico”. Questo titolo di Repubblica riguarda invece l’Italia e riassume un “pezzo” di Stefano Folli. Il quale parla del rimpasto, termine che dispiaceva a Renzi ma al quale dovrà abituarsi perchè il rimpasto è il tipico ritocco di un partito che governi da solo, il modo di dare in pasto qualche tocco di potere alle correnti che non si dicono correnti. Alle Infrastrutture Del Rio, Dorina Bianchi (NCD ma scelta dal premier), alle Regioni, un vice-Renzi donna. Giannelli parla di “Ritorno alla monarchia. Il Re(nzi) e la Regina Elena”. Ma la Boschi è accorta e potrebbe rinunciare in favore di una convertita, Finocchiaro o Fedeli.
L’ordine di scuderia è rottamare Bersani -Orfini e Guerini tirano la volata- facendo intendere ai bersaniani politici di mestiere che ci sarà posto per loro nel partito della Nazione. Partito al cui rinnovamento sta lavorando il mio amico Fabrizio Barca, ieri ospite di Lilli Gruber: “Il Pd ha una grande potenzialità che attende di essere liberata”. Sarà Renzi a liberarla? Dopo che avrà trasformato le elezioni in un referendum sul nome del premier? Barca sembra ritenere possibile che ciò avvenga e ha definito “sbagliata”, impolitica, la scelta di Bersani sulle riforme.
Non trovo sconveniente che un intellettuale, constatata la sconfitta di ogni opposizione, si offra di suggerire buone pratiche al Principe. Se fa attenzione a non trasformarsi in un ideologo che giustifica il potere. Osservo tuttavia che i circoli rinnovati di Barca accoglierebbero parte dei giovani che hanno manifestato con Ciotti a Bologna, precari indignati per le balle di Poletti, fuoriusciti dei 5 stelle. Tutta gente che entrerebbe in rotta di collisione con la renziana democrazia dei responsabili : preside, imprenditore, capo dell’ufficio lavoro, con ampi poteri discrezionali. Questo mondo -chiamiamolo aziendale- non accetterà di sopportare una contestazione permanente dentro il partito della nazione. Barca prevede un vertice che discute prima a porte chiuse, per mantenere collettiva la decisione politica Non credo che Renzi – vale anche per qualche suo oppositore quarantenne- sappia nè voglia discutere di politica alla pari: prima decide e poi diffonde la novella alla Leopolda. Inoltre la frase usata da Barca inevitabilmente evoca il metodo della mediazione preventiva al vertice del PCI di Togliatti. Una democrazia plebiscitaria salvata dal centralismo democratico? È troppo anche per una fervida immaginazione.
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