La Renzistenza. Scrive Massimo Gramellini: “Moro e Fanfani si pugnalavano dietro le quinte, però a nessuno dei due sarebbe mai venuto in mente di escludere il rivale da una cerimonia ecumenica del partito”. Invece alla Festa dell’Unità, dedicata nientemeno che ai 70 anni della Resistenza, “non risultano invitati gli esponenti della minoranza: Cuperlo, Civati, Speranza, persino Bersani”. In fondo è questo il selfie (Matteo così capisce!) dello “Scontro finale sull’Italicum”, Corriere della Sera. La sostituzione di ben 10 deputati Pd dalla commissione competente, perché intendevano emendare la legge elettorale, e la conseguente clamorosa protesta: “Opposizioni sull’Aventino”, Repubblica. “Ma Renzi non si ferma”, la Stampa.
Cassa integrazione. Quanto al Pd, Giannelli la vede così: una panchina con Bersani che dice “attaccamento alla Ditta”, Bindi riflette, Cuperlo constata: “il Principale ci ha messo in cassa integrazione”. Evidente che l’ex segretario, gli ex presidenti, come l’altro sfidante alle primarie, Civati, e i predecessori, Letta e Prodi, siano stati accompagnati alla porta. Possono scegliere se andare a insegnare a SciencesPo, a Parigi, come Letta, o dare battaglia con dignità e trovarsi fuori dal fu-Pd, oggi Partito di Renzi, o Partito della Nazione. Non c’è spazio – non c’è mai stato da quando Matteo vinse le primarie – per un vero dibattito politico nel Pd. Solo un simulacro di confronto, con il Segretario che detta la linea, la impone con frasi a effetto, le solite: “no alla Palude”, “sono vent’anni che discutiamo”, “non posso perché Berlusconi non vuole”, “no, perché i 5 Stelle non dialogano”, “non temete, c’è un posto per voi!”.
I rischi della corsa solitaria. “Una riforma cruciale, qual è la legge elettorale, – scrive Stefano Folli – meritava di essere approvata da una platea vasta, com’era nelle intenzioni originarie. Invece, salvo incidenti di percorso provocati dal voto segreto, sarà una vittoria di Pirro. L’ostinazione di un uomo solo al comando che sventola la bandiera strappata al nemico”. Antonio Polito si chiede cosa ci sia dietro “L’urgenza (sospetta) del premier di chiudere la partita anche a costo di fare la figura di chi reprime il dissenso nel suo partito e in Parlamento” È probabile, si risponde, che dietro “ci sia l’urgenza di disporre al più presto dell’arma finale della legislatura”. Con l’Italicum, Renzi conta di andare al voto per sottoporre gli italiani a una scelta secca: “io o Grillo, io o Salvini” e garantirsi altri 5 anni a Palazzo Chigi. Polito ritiene però che questa minaccia gli farà perdere il sostegno trasversale e trasformista di cui gode in Parlamento. E allora, per il governo, saranno guai veri.
La guerra unisce i pavidi. “L’Unione Europea: in guerra contro i trafficanti di uomini”, Stampa. “La UE: pronti a azioni militari” Repubblica. Washington Post pubblica un fotomontaggio: tutti i capi di stato europei che si tenevano stretti il giorno dopo la carneficina a Charlie Hebdo, si tengono ancora stretti ma su un barcone alla deriva. Certo, colpiamo le basi e distruggiamo i barconi, Corriere. Certo gli scafisti meritano di morire come i negrieri lo avrebbero meritato. Oltretutto “La strage colpa dello scafista” al timone drogato e ubriaco, incalza Repubblica. Laura Boldrini -che nella sua prima vita era responsabile ONU per i rifugiati. dice che questo non fermerà l’esodo. Il Fatto scrive “1700 morti in più nel 2015 per risparmiare 30 milioni”. Papa Francesco ripete che somali, maliani e siriani sono fratelli che fuggono dall’orrore. In Tv Salvini li attacca tutti e nessuno li difende. Perché fra 40 giorni si vota, cazzo!
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