Perché la memoria di quanto accadde all’Italia 70 anni fa non è condivisa, cioè l’Italia non è ancora unificata. Lo si vede da come alcuni partiti disertano con ostilità questa ricorrenza, considerandola di parte (“rossa”) piuttosto che la Festa della Dignità di tutti. Da come alcune frange la strumentalizzino confondendo gli eroici italiani ebrei di allora, con gli occupanti israeliani di oggi. Ma soprattutto non ci siamo liberati dalla tentazione di concentrare il potere. E dalla terribile percezione che la democrazia faccia perdere tempo. Basti vedere le modifiche renziane alla Costituzione e alla legge elettorale. Ancora l’uomo forte è l’aspirazione delle menti deboli. E di chi non dà valore alla collettività, ma anzi la sfrutta – e spesso la corrompe – perché pensa solo ai propri interessi.
La velocità decisionista carismatica opposta alla complicazione inefficiente della democrazia è stata la grande truffa del fascismo. Che ha lasciato un Paese distrutto più che dalle bombe, dalla diffusa demenza politica indotta da un ventennio di applausi deresponsabilizzanti e di violento conformismo. Un male non debellato. Le preoccupanti manifestazioni di populismo – a destra e a sinistra – ci fanno capire che il morbo fascista è ancora presente e latente.
Per questo io vado a Porta San Paolo alla Festa della Liberazione. Anche se con il dolore di non poter marciare come gli altri anni, perché l’ANPI ha annullato il corteo per non correre il rischio di disordini tra filo-palestinesi e filo-israeliani. Una paura che stride con il ricordo di chi non ha avuto paura. Ed è morto per la nostra dignità. Perché solo la condivisione della dignità anti-fascista ci darà finalmente unità e identità.
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