La lettera di Matteo Renzi, segretario del Pd e premier, ai dirigenti dei circoli territoriali è stata diffusa oggi dal sito ufficiale.
Il vicesegretario Lorenzo Guerini è intervenuto nel dibattito sull’Italicum in un’intervista al Corriere della Sera. La ministra Maria Elena Boschi non ha voluto far mancare la sua voce nell’Aula pressoché deserta di Montecitorio, in occasione del dibattito generale sulla riforma della legge elettorale, l’Italicum.Come si vede, uno sforzo comunicativo in grande stile, teso a restituire voce alla maggioranza Pd dopo che gli interventi pubblici di Pierluigi Bersani, Roberto Speranza e Stefano Fassina avevano fatto scattare l’allarme rosso, anche per effetto dei timori suscitati da un sondaggio Ipsos, di Nando Pagnoncelli, che dava l’Italicum in caduta libera nelle simpatie degli intervistati. Insomma, il fine settimana comunicativamente vantaggioso per la minoranza di sinistra del Pd, ha suscitato le tre risposte citate.
La lettera di Renzi ai dirigenti dei circoli (se ne ricorda solo ora)
Nella lettera ai dirigenti dei circoli, Matteo Renzi non risparmia le autocelebrazioni e l’esaltazione della natura riformista del partito che guida dalle primarie del 2013. Sostanzialmente, rivendica al suo governo le riforme sul lavoro – che in realtà con l’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e i decreti delegati del Jobs Act sono vere e proprie controriforme -; le riforme in materia di Giustizia, che tuttavia con molta fatica decollano, anche per la contrarietà espressa dai magistrati, dagli avvocati e dai costituzionalisti; le riforme della Pubblica amministrazione e la digitalizzazione, che tuttavia non pare abbiano riscontrato grande successo tra i lavoratori, privi di voce e di contratto da anni; la riforma della scuola, la cui consultazione fu lanciata in pompa magna, ma la cui bocciatura in tutte le scuole e le famiglie italiane è stata sonora. Ma soprattutto, Renzi rivendica la funzione strategica della legge elettorale, e lo dice in maniera molto esplicita: “non approvare la legge elettorale adesso significherebbe bloccare il cammino di riforme di questa legislatura. E significherebbe dire che il PD non è la forza che cambia il Paese, ma il partito che blocca il cambiamento. Sarebbe il più grande regalo ai populisti”. E prosegue, con tanta retorica: “Vi domando: davvero è dittatura quella di chi chiede di rispettare il volere della stragrande maggioranza dei nostri iscritti, dei nostri parlamentari, del nostro gruppo dirigente? Davvero è così assurdo chiedere che dopo 14 mesi di dialogo parlamentare si possa finalmente chiudere questa legge di cui tutti conosciamo il valore politico? Davvero vi sembra logico che dopo tutta questa trafila ci dobbiamo fermare perché una parte della minoranza non vuole?”. Ora, è vero che la maggioranza dei parlamentari (190 su 310) hanno votato a favore, ed anche la Direzione, ma quando è stato fatto un referendum tra gli iscritti Pd? Ci è sfuggito? Ed è sfuggito a tutti? O è stato del tutto clandestino? E poi, perché Renzi finge di non ricordare nella lettera che vi era un Patto siglato con Silvio Berlusconi, su legge elettorale e riforma costituzionale? E perché non ricordare che alla primarie il suo programma parlava esplicitimente di bipolarismo e non di bipartitismo? Addirittura, nel programma renziano delle primarie si leggeva “Noi crediamo nel bipolarismo”! Di chi è il tradimento? Chi sta truccando le carte? O basta semplicemente la parola “riforma” per trasformare un partito in “riformista”? Come sappiamo, molte riforme firmate dal governo Renzi sono solo controriforme. La risposta della minoranza alla lettera di Renzi non si è fatta attendere. Il giudizio è severissimo: “l’iniziativa del segretario è offensiva”.
La durissima replica di Gianni Cuperlo
“Dignità è un concetto profondo ed è offensivo usarlo a fini di polemica interna. Nessuno può dire che chi esprime un’opinione diversa colpisce la dignità di una comunità come il Pd”. Sinistradem, l’area del Pd che fa riferimento a Gianni Cuperlo, replica alla lettera di Matteo Renzi sul voto sull’Italicum alla Camera. “Una mediazione è ancora possibile – aggiunge – ma servono volontà, coraggio e parole scolpite. Falso dire che vogliamo azzerare le riforme”. Gli esponenti di Sinistradem non ci stanno a sapersi accusati di spaccare il partito. “Abbiamo mostrato coi fatti che l’unità del Pd la pratichiamo. Nella notte in cui tutte le opposizioni hanno abbandonato la Camera abbiamo garantito il numero legale respingendo emendamenti che avevamo condiviso. Abbiamo votato le riforme nei primi passaggi parlamentari confermando una lealtà di fondo. Quanto alla volontà della maggioranza ce ne siamo fatti carico infinite volte. Abbiamo votato decine di fiducie anche su provvedimenti che sollevavano più di qualche dubbio”. “È vero – continua il documento – siamo a un passaggio decisivo e colpisce la sottovalutazione del danno che deriverebbe al governo e al Pd da una rottura. È ancora possibile correggere l’equilibrio del sistema che nascerà dalla doppia riforma (della Costituzione e della legge elettorale)”. Quali, dunque le modifiche suggerite da Sinistradem? Ad esempio rivedere “composizione e funzioni del Senato, scegliendo la via di una vera Camera delle Regioni”. “Questo – spiega – implicherebbe anche una revisione dei contrappesi necessari a fronte di una legge elettorale che, come ammesso dal professor D’Alimonte (uno dei suoi estensori e massimi sponsor), cambia la forma di governo nella direzione di un premierato forte. Senza queste e altre correzioni lo spostamento del potere legislativo dal Parlamento al Governo è destinato a produrre uno squilibrio. Naturalmente si dovrebbe garantire una coincidenza dei tempi tra l’entrata in vigore della nuova legge elettorale e il completamento della riforma costituzionale. Sono proposte ragionevoli”.
L’intervista di Lorenzo Guerini al Corriere: “No ai diktat della minoranza”
Andiamo avanti. Sulla stessa scia il vicesegretario Guerini nell’intervista al Corriere della Sera, una totale liquidazione della minoranza, senza appello: “se il riferimento è a presunti diktat della maggioranza e del Pd, il solo atteggiamento di forzatura che io vedo è quello di chi, da una posizione che è fortemente minoranza dentro il Pd, vuole vedersi riconosciuto un diritto di veto”. Non sono bastati gli appelli di Roberto Speranza e di Pierluigi Bersani ed anche di Fassina e Cuperlo a usare moderazione e razionalità nell’interpretare le posizioni della minoranza e il dissenso su punti sostanziali del disegno di legge di riforma del Senato e di riforma della legge elettorale. Perfino le dimissioni del capogruppo alla Camera vengono sottovalutate, da fatto politico di rilievo a “diritto di veto”. Ciononostante. sottolinea Guerini, “la stragrande maggioranza del Pd” sosterrà la legge: “non ci sarà una frattura lacerante, la divisione è meno marcata di quanto si tende a far vedere”. Evidentemente, Guerini ha in tasca un pallottoliere che dà numeri a noi del tutto ignoti, perché la frattura c’è stata, ed è stata innescata da 120 deputati su 310, più di un terzo. A meno che, Guerini non voglia far riferimento all’eredità del Patto del Nazareno, ovvero a una probabile sostituzione di deputati vicini a Verdini, che col voto segreto potrebbero tranquillamente sostenere l’Italicum.
L’intervento della Boschi: “le modifiche all’Italicum non siano oggetto di baratto”
Infine, l’intervento della ministra Boschi nell’Aula, vuota, di Montecitorio. Ricorda, abbastanza strumentalmente, che l’impegno per la riforma elettorale era stato sottoscritto non solo dalla maggioranza, ma anche da una parte rilevante dell’opposizione, da Forza Italia, appunto, che tenne fede al Patto del Nazareno. Esalta la nuova legge, che con il premio di maggioranza alla lista, punta alla governabilità, “con un unico capo e un’unica maggioranza di governo”. La semplificazione delle soglie d’ingresso, dice la Boschi, garantisce anche il diritto di tribuna. Insomma, è una legge elettorale democratica che funziona, perché siamo nel campo del “preferibile”. “Se siamo nel campo del preferibile”, ha detto la Boschi ai pochi deputati, “siamo nel percorso politico che non vieta di modificare il testo nella rilettura al Senato, ma non può essere oggetto di baratto”. E se il Parlamento non è in grado di approvare l’Italicum, allora “non meritiamo di sedere in questo Parlamento, se non ci assumiamo le nostre responsabilità”. E cita, anche abbastanza a sproposito, Josè Saramago (qualcuno le ha detto che lo scrittore portoghese era comunista?) sul tema della responsabilità di ciascuno.
Il flash mob a piazza Montecitorio di Corrado Passera
Detto ciò della controffensiva della maggioranza del Pd, va anche detto che il leader di Italia Unica, Corrado Passera, ha inscenato dinanzi a Montecitorio un flash mob contro la legge elettorale, definita “legge cerotto”, perché imbavaglia.
Pino Salerno
Da jobsnews.it