Nel Pd maggioranza e minoranze sono ai ferri corti. C’è una escalation di Renzi e dei renziadi con continui attacchi, prese di posizione, nei confronti di esponenti che non condividono le scelte politiche del premier, lui che decide, ministri accucciati.
Ci troviamo in difficoltà, lo diciamo francamente, a dover scrivere del premier e dei suoi, delle loro manovre, di una democrazia che diventa sempre più autoritaria e che altri chiamano “democratura”. C’è un mare, il nostro mare, tomba di migliaia di donne, uomini, bambini, guerre che devastano interi paesi, orribili stragi di innocenti, la violenza che si fa storia. E noi alle prese con Matteo Renzi, ma come fa a stare sereno? Un tal Guerini, vicesegretario del Pd, una ministra, Maria Elena Boschi che, lo dice lei stessa, non capisce. Come si dice “dura lex , sed lex”. La legge della cronaca ci costringe a parlar di loro. Non siamo Virgilio che guida Dante e quando vede gli ignavi (Canto III Inferno,verso 51) gli dice “non ragioniam di lor ma guarda e passa”.
Offese e volgarità contro chi non fa parte del coro del premier
E allora la cronaca di questi giorni mostra quanto sia sempre più difficile la convivenza nel Pd con la truppa renziana sempre in armi. Non si tratta di legittimo dibattito, di confronto in un partito che nasce da forze politiche con diverse storie. I renziadi vanno avanti a forza di offese, volgarità, imitano il premier cui viene da ridere, dice, al solo sentir parlare dello sciopero di un milione di lavoratori della scuola. Il vicesegretario Guerini, scuola democristiana, area forlaniana, non trova di meglio, incapace di ragionare, che definire “cagnara” la protesta di chi non parteciperà ai lavori della Commissione della Camera dove si discute l’Italicum dopo l’epurazione degli esponenti della sinistra Dem. Non solo: vengono prese di mira anche singole personalità del partito, esponenti di primo piano colpevoli solo di non far parte del coro dei renziani, quelli originali e quelli d’accatto.
Bersani, Cuperlo, Civati in castigo. Bindi protesta
Vengono messi in castigo Bersani, Cuperlo, Civati e molti altri che non sono stati neppure invitati alla Festa nazionale dell’ Unità che si è aperta a Bologna . “State puniti”, dice Renzi. E la festa dell’Unità, che non c’è si trasforma, anche nelle specialità culinarie, in una sorta di scampagnata in cui trovano posto gli ultimi arrivati. Andando a spulciare si scopre che qualcuno della minoranza, qualche trattativista, ha trovato un angolino. Rosy Bindi, una delle epurate dalla Commissione, prende carta e penna e scrive a Matteo Orfini. “Immaginare di fare una Festa nazionale selezionando le presenze politiche sulla base della fedeltà alla linea del segretario – scrive – sarebbe un’involuzione, questa sì, che non ha precedenti nella lunga storia delle feste dei partiti popolari italiani”. Bindi chiede a Orfini di “assicurare che la Festa sia, come sempre è stata, specchio della originale natura del nostro partito”. “Fa davvero male – prosegue – leggere sugli organi di stampa che alla Festa nazionale dell’Unità a Bologna non sarebbero stati invitati alcuni tra i più autorevoli esponenti del partito: dai fondatori, agli ex segretari, ai candidati alle primarie per la segreteria”. “Mi auguro che tu possa smentire una scelta che, se fosse confermata, sarebbe non meno grave della sostituzione di dieci deputati nella Commissione affari costituzionali della Camera”. Ma il presidente non può, anche perché ha accettato senza batter ciglio l’epurazione dei dieci deputati della minoranza cui sono subentrati fedelissimi renziadi e l’ultima arrivata da Sel, i cui transfughi trovano posticini ovunque.
I magnifici dieci mandati dal premier a fare la guardia in Commissione
Senza neppure un segno di rossore i dieci mettono piede in Commissione pronti al voto secondo le indicazioni della ministra Boschi, passa parola del premier. Sono: Paola Bragantini; Stefania Covello, della segreteria Pd; Edo Patriarca; Stella Bianchi; Maria Chiara Gadda; Giampaolo Galli, ex Confindustria; David Ermini, responsabile giustizia del Pd; Alessia Morani, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera; Alfredo Bazoli; Ileana Piazzoni, ex Sel passata nel Pd. Ci saranno banchi vuoti perché hanno annunciato che non parteciperanno anche i deputati di Sel, M5S, Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia. Scelta civica sarà in aula per “difendere gli emendamenti presentati”. Il capogruppo di Sel, Arturo Scotto: “Renzi tratta la commissione come una sezione Pd. La sostituzione è un atto grave. Sel non partecipa a farse. Lasciamo i lavori e ci vediamo in aula”. Renato Brunetta,capogruppo Fi: “Dichiareremo l’inaccettabilità della posizione del Pd di sostituire la propria minoranza in commissione. Lasceremo al Pd tutta la responsabilità di approvarsi in commissione l’Italicum blindato, a disonore del Partito democratico stesso”. Ma “voci” che circolano a Montecitorio lasciano intendere che potrebbe arrivare un rinforzo alla truppa renziana in caso di voto segreto da parte di forza italioti al seguito di Verdini. Dalla Lega così si motiva l’annuncio dell’abbandono della Commissione: “Non abbiamo alcuna intenzione di mischiarci ai burattini di Renzi e di fare il loro gioco. Per questo non parteciperemo alla commissione Affari costituzionali”, annuncia Cristian Invernizzi, capogruppo in commissione. Dai Cinque stelle arriva la conferma del ritiro dalla Commissione.”Non ci stiamo ad assistere alla farsa che il Pd ha imbastito in commissione Affari costituzionali dove il padrone Renzi ha epurato i suoi deputati. La riforma elettorale deve essere migliorata, se non è possibile farlo in commissione lo faremo in Aula”, spiega il deputato M5S Andrea Cecconi.
Guerini: “cagnara”. Il premier: “palude”. Boschi: “non capisco”. Dice la verità
Questa, a dire di Guerini, sarebbe la “cagnara”. La realtà è che anche in Commissione a sostenere l’Italicum saranno solo Pd e Ncd, i due partiti di governo, perché Scelta Civica sarà presente ma per cambiare il testo con un emendamento, fra gli altri, che prevede l’apparentamento al ballottaggio. Eppure Renzi, con il patto del Nazareno, si era fatto alfiere delle “larghe maggioranze” necessarie per cambiare la legge elettorale e riformare la Costituzione. Ora invece i renziadi stanno studiando come evitare di rimanere sconfitti nel voto di fiducia che hanno deciso di porre. Hanno paura del voto segreto e si pensa ad un marchingegno che eviti il voto segreto sugli emendamenti che verranno riproposti in Aula. Non uno ma quattro voti di fiducia su ogni singolo articolo del testo, quattro articoli appunto. Ciò eviterebbe il voto segreto. Marchingegni a parte, le difficoltà di Renzi sono evidenti. L’epurazione dei dieci deputati non è stata un belvedere, un segno di forza. Al contrario. Tanto che si lascia andare ad uno sfogo: “Avanti su tutto. Fermarsi oggi significherebbe consegnare l’intera classe politica alla palude e dire che anche noi siamo uguali a tutti quelli che in questi anni si sono fermati prima del traguardo”. Guerini parla di “cagnara”, lui di “palude”. Per loro tutti sono nemici da abbattere. Immancabile Maria Elena Boschi: “Onestamente non capisco l’atteggiamento delle opposizioni che abbandonano i lavori, perché avviene così: la maggioranza –dice-esprime la sua linea politica. Credo che in realtà abbiano poca dimestichezza con le regole della democrazia, non capisco questo atteggiamento”. Una cosa è vera: non capisce.
Alessandro Cardulli
Da jobsnews.it