In Italia non ci sono leggi sulle lobbies che, come è ormai noto anche ai più ingenui, contano molto in ogni democrazia contemporanea come, e magari di più, nei sistemi almeno in parte semi-autoritari. E non stanno bene neppure le istituzioni europee a cui pure spesso pensiamo di volerci e poterci ispirare. Ed è noto, secondo i calcoli più recenti, che i gruppi finanziari più potenti investono 120 milioni di dollari all’anno e seguono in questa fruttuosa attività l’industria farmaceutica, quella delle tele comunicazioni e quella dell’energia.
Nel nostro Paese il rapporto tra le lobbies e la politica è opaco e fuori di ogni controllo, secondo l’ultimo rap porto “Llobying in Europe. Hidden Influence,Priviliged Access” che è stato appena presentato a Bruxelles. Nella classifica di 19 nazioni europee – come in molte altre classifiche di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi – l’Italia si colloca agli ultimi posti con un punteggio di 20 su 100. Il nostro Paese va male in trasparenza, integrità e parità di accesso ai processi decisionali insieme a Cipro, Spagna e Portogallo.
“E’ da sottolineare – afferma il documento – che le maggiori nazioni al centro della crisi finanziaria si trovano al fondo della classifica insieme all’Ungheria”. Ma anche le istituzioni europee – come si è già detto – presentano pagelle poco positive e solo la Commissione Europea e la Slovenia raggiungono un punteggio superiore a 50 punti su 100. Per il resto si registra l’influenza che le lobbies esercitano sui politici sia a livello nazionale che a quello comunitario. Pochi gruppi di interesse riescono a condizionale le decisioni pubbliche a proprio vantaggio e ciò avviene in un orizzonte impermeabile a forte rischio di corruzione. Ma quanto pesano le pressioni esterne sulle decisioni della politica? Chi lo esercita, in che modo e quanto è trasparente questo processo? Sono queste le semplici – ma fondamentali – domande su cui Trasparency tenta di rispondere analizzando i sistemi di regolazione politica di diciannove nazioni europee e delle tre principali istituzioni comunitarie (Commissione, Parlamento e Consiglio).
Prendendo a confronto alcuni standard internazionali tra cui i “10 principi per la trasparenza ed integrità dell’attività di lobbying del l’OCSE, l’ONG anticorruzione ha scoperto che, a livello europeo, la trasparenza delle relazioni tra lobby e politica, non riesce a superare un valore medio del 26 per cento. L’integrità (l’adeguatezza ed etica di tali rapporti) e la parità di accesso ai processi decisionali non raggiungono un punteggio del 33 per cento. Insomma, l’Europa segna il passo rispetto a Paesi come il Canada e Stati Uniti e in questo quadro l’Italia si colloca al di sotto della media europea. Il nostro Paese presenta un livello di trasparenza che continua ad essere fermo all’11 per cento. Non stanno meglio i livelli di integrità e parità di accesso che guadagnano rispettivamente il 27 per cento e il 22 per cento. E questo perché manca una legge che regoli le relazioni tra politici e gruppi di pressione. O meglio un testo presentato esiste ma è fermo da mesi in parlamento. In 4 su 19 paesi europei studiati (Austria, Ungheria, Italia e Lettonia)non ci sono misure per regolare le porte girevoli tra il settore pubblico e il mondo delle lobbies),sottolinea il dossier. Così ad eccezione dei pur numerosi scandali giudiziari, in Italia poco o nulla si continua a sapere delle modalità in cui matura no le scelte dei decisori pubblici e degli interessi che la influenzano.
Mancano codici di condotta per chi esercita pressioni sulle stanze della politica e non viene impedito a chi fa politica di riciclarsi come lobbista e viceversa. Su questo solo in Slovenia è imposto un periodo di tempo per poter passare dall’una all’altra posizione. Negli Stati Uniti il periodo di paura deve durare almeno due anni. In ogni caso sul totale dei Paesi analizzati dal rapporto solo 7 (Austria, Francia, Irlanda, Regno Unito,Lituania, Polonia e Slovenia) hanno una legge che regolamenta l’attività di lobbying. E tra queste solo l’Austria impone un codice di condotta a lobbisti e politici. E delle tre istituzioni europee solo la Commissione ha una regolazione dell’attività di lobbying che le sfiorare la sufficienza (53%) mentre il Parlamento europeo e il Consiglio si fermano rispettivamente al 37 e al 19 per cento. L’opinione che la maggior parte dei cittadini europei ha un giudizio negativo sulle lobbies e questo dipende dal fatto che se non esistono regole certe che sono in grado di garantire trasparenza e correttezza nei rapporti non c’è la certezza di garanzia democratica. Ed è quello che di fatto succede in Italia e in molti altri paesi europei con le conseguenze che sovente è facile verificare di fronte ai grandi scandali che ne derivano.