Che le mafie nostrane siano presenti, dove più dove meno, su tutto il territorio nazionale, europeo e nel continente americano, non è una novità. Che questa presenza così pervasiva si sia sviluppata, negli ultimi tempi, anche in terra africana è solo una novità recente perché il carattere della transnazionalità di queste organizzazioni, su tutte la mafia calabrese, per gestire gli “affari” le ha rese, appunto, “geograficamente universali”.
E, aggiungo, straordinariamente silenziose, lasciandosi alle spalle i delitti rumorosi e le stragi di un tempo per far attenuare l’attenzione investigativa e mediatica. Il livello di diffusione nel continente nero emerge da una serie di rapporti dell’intelligence americana ed europea e la semplice elencazione sulla presenza di rappresentanti delle “famiglie” in diversi Stati africani, dovrebbe indurre a serie riflessioni gli organismi di polizia. A Bissau, capitale della Guinea troviamo ancora gli esponenti di Cosa Nostra con i ben noti Cuntrera Caruana. A Casablanca (Marocco), le tre mafie tradizionali italiane si sono divise il territorio urbano: una fetta alla Camorra dei Marano, dei Casalesi e di Torre Mondragone, un’altra porzione ai siciliani di Porta Nuova, Brancaccio e Della Noce e spazio anche per le cosche Barbaro di Platì, Arena di Capo Rizzuto, Di Giovine di Reggio Calabria, Sergi di Platì e Morabito di Africo. Le stesse “agenzie” ‘ndranghetiste le troviamo a Dakar (Senegal) e a Lomè (Togo), affiancate dai Mancuso di Limbaldi di Vibo Valentia e dai Pesce di Rosarno (Reggio Calabria). A Ensuru e Winohek (Namibia), prosperano le famiglie mafiose palermitane (di Partinico, Terrasini, Cinisi, San Lorenzo) mentre a Johannesburg e Città del Capo (Sud Africa), ha fatto la bella vita, per molti anni, Vito Roberto Palazzolo, il “cassiere” del capo mafioso Provenzano, prima che della sua cattura nel 2012 in Thailandia e della sua estradizione in Italia nel dicembre 2013.
Scontata la condanna definitiva a nove anni per riciclaggio Palazzolo, che ha anche ottenuto la cittadinanza sudafricana, certamente si ritirerà nel suo impero costruito nei ventisei anni di latitanza tra Russia e Africa dove avrebbe una settantina di proprietà tra cui anche giacimenti di uranio e miniere di oro. Anche i camorristi di Sarno, Di Lauro e Licciardi dell’Alleanza di Secondigliano, hanno investito in Sud Africa. Ad Abidjan (Costa d’Avorio), la mafia siciliana è presente con i Madonia di San Lorenzo mentre le altre due mafie nostrane sono presenti con il clan di Napoli ( presente anche in Nigeria , a Lagos e Port Harcourt) e i Di Giovine e Morabito. Nel Ghana, ad Accra, sono di casa le ‘ndrine Pelle-Vottari di San Luca e dei Coco-Trovato. In Egitto e Tunisia presenze anche della famiglia Emanuello di Gela, specializzata nel traffico di esseri umani.
Il traffico di cocaina rappresenta sempre l’attività principale mentre con la ripulitura del denaro del narcotraffico si stanno realizzando interessanti investimenti nei settori alberghiero e della gastronomia. E’ noto che negli ultimi anni grossi quantitativi di cocaina provenienti dal Sud America arrivano nei paesi dell’Africa occidentale ed orientale e da qui verso il mercato europeo, privilegiando gli itinerari terrestri che attraversano le regioni del Sahel e del Sahara, con il supporto dei trafficanti marocchini e di bande di ribelli, esperti conoscitori delle rotte dell’hashish. I marocchini, poi, hanno collocato strategicamente propri affiliati all’interno di altri gruppi criminali operanti in Belgio, Spagna, Francia, Italia, Paesi Bassi e Germania o hanno stretto alleanza con tali organizzazioni.
“Agenzie” di rappresentanza della mafia calabrese sono presenti, da molti anni, in Germania nei quattro Lander del Baden-Wurtteberg, Baviera, Assia e Nordreno. Nonostante gli arresti di diversi ‘ndranghetisti eseguiti dal 1997 al 2012, sia in Germania che in altri paesi, la presenza di gruppi che fanno capo ai Nirta-Strangio, ai Romeo-Pelle-Vottari, ai Grande Aracri, agli Imerti Condello, ai Farao, è sempre consistente. Altri “locali” sono stati aperti all’estero nel 2013 e 2014, dopo il “nulla osta” della ‘ndrangheta di San Luca. La polizia tedesca dovrebbe alzare il livello di attenzione investigativa per evitare, poi, di dover ricorrere ad azioni “disincrostanti” della mafia calabrese, quasi sempre impossibili da compiere come, purtroppo, la realtà ci ha mostrato.